di Michele Bovino
Per chi come me conosce Paolo Vincenti da un bel po’ di tempo, per chi come me ha avuto l’onore di collaborare con lui, risulta difficile esprimere un’opinione, sia essa di approvazione o di critica, sul suo nuovo lavoro letterario. L’amicizia e la vicinanza di interessi culturali condiziona non poco. Come, d’altronde, possono influenzare le numerose e validissime recensioni già pubblicate. Tenterò, comunque, di farlo approcciandomi con tutte le riserve del caso ma soprattutto cercherò di dire quello che penso e di non lasciarmi trascinare molto dal libro di Paolo. E si, perché Italieni (Besa, Nardò 2017) ha nel suo DNA la forza trascinante, prorompente e tracimante propria del suo autore. Paolo Vincenti, da attento osservatore della società italiana, dopo aver letto, visto e ascoltato, racconta modi, usi, costumi che gli italiani si sono ritagliati addosso da sempre. Come in un grande variopinto Circo carnascialesco i “personaggi” di Vincenti sfilano ad uno ad uno in fila indiana e in gruppo, si presentano al pubblico sorridendo o lanciando uno sguardo di sfida e cercando, inchinandosi, l’applauso finale che spesso, però, non arriva perché la maggior parte di essi non lo merita. “Italieni” ha avuto un libro apripista dal titolo emblemaco “L’osceno del villaggio”, un lavoro letterario che ha dato la stura a questo nuovo progetto di Paolo Vincenti che perfeziona così il percorso del “carrozzone” carico di personaggi multicolore e offre lo spunto per delle riflessioni che ogni lettore ha diritto di esprimere.
Paolo quando scrive, e lo fa spesso, mette tutto l’impegno possibile, non per cercare l’approvazione del lettore ma per una sua onestà intellettuale di fondo e si diverte a descrivere, a volte con cinismo, a volte con affetto, a volte con distacco la società che lo circonda e che lui vive inebriandosi di essa. Una domanda provocatoria che potrei rivolgergli è questa: “Perché hai scritto “Italieni”? Forse che intendi segnalare anomalie, problematiche che da sempre attraversano questo nostro BelPaese? Forse perché ritieni te stesso immune da difettucci? In questo ultimo lavoro non mancano, come in tutti i suoi libri, i colti riferimenti e le citazioni letterarie nonché le canzoni e le musiche che hanno segnato il suo percorso umano e artistico. Leggendo “Italieni” mi è venuto in mente lo scrittore Luigi Barzini con il suo “Virtù e vizi di un popolo”, un libro scritto circa cinquantacinque anni fa in inglese per il pubblico americano curioso di conoscere come fossero gli italiani. Da allora sono passati tanti anni e sono successe tante cose e tanto è cambiato, invece sono restati immodificabili i comportamenti del nostro carattere “italieno” con tutti i pregi e i difetti. Ma mentre Barzini nella sua narrazione asseconda i difetti degli italiani, apparentemente anche compiacendosi, Vincenti sembra fare il possibile per scuoterci da quel torpore tutto italieno corredando la sua satira in prosa con una accattivante cornice di vignette molto incisive, del bravo disegnatore Paolo Piccione e con una splendida postfazione di Maurizio Nocera. Come insegnano i grandi della letteratura latina, precursori di questo genere letterario e artistico, la satira deve essere sempre pungente, deve irritare, deve mettere a nudo le imperfezioni umane, solo così ti aiuta a conoscere meglio la specie umana, soprattutto quella che ricopre ruoli di comando, ma la satira deve anche essere costruttiva, deve smascherare sì ma deve anche dare respiro e invitare al ravvedimento, ed in questo mi pare che Paolo Vincenti sia stato preciso; pur bacchettando tutti, invita alla riflessione attraverso un impianto studiato per diventare quasi un ammonimento a essere meno ipocriti e più leali. Insomma, voglio dire che questo è uno di quei libri che si deve avere, un libro che ci fa divertire e ci fa pensare. Un libro che si fa leggere bene.