Viaggio nella letteratura popolare salentina tra sensi, nonsensi e doppi-sensi
di Antonio Mele / Melanton

Queste non sono bagatelle, amici Lettori! Hanno certamente il sapore dello scherzo, della burla, del gioco; possono anche apparire facezie o stregonerie impertinenti e talora scostumate; tengono in sé, di frequente, la malizia di stampo il più popolaresco e aggressivo, libero e senza freni; non si curano, almeno in apparenza, di auliche elevatezze e di voli pindarici, e spesso sono anzi, e di buon grado, proprio terra-terra.
Attestazioni per lo più povere e scarne. Giocose sempre, nella loro apparente irriverenza. E volutamente semplici o semplicistiche, proprio per essere agevolmente riprese dal popolino più umile e incolto, particolarmente dai molti che, in un tempo non tanto lontano, erano davvero di poche parole, totalmente digiuni di un linguaggio appena ordinario, e men che meno di fraseologie eleganti e forbite.
Simili ‘invenzioni’ (che avevano anche una sottaciuta funzione di rivalsa o riscatto, radunando in sé varie congerie di aspirazioni e desideri inappagati) si manifestavano quindi, soprattutto nella tradizione contadina, con modalità espressive assolutamente spontanee, riuscendo tuttavia, nel loro dispiegarsi secco e lapidario, a toccare frequentemente vertici letterari insospettabili, oltre che trovate di elevato ingegno: un aspetto creativo radicalmente puro, che dà infine, soprattutto agli astuti indovinelli, una qualifica di preziosità assoluta.
È per l’appunto un piccolo viaggio curioso, questo, al quale vi invitiamo con gioia: uno sconfinamento nell’arte del pensiero anche libero e libertino, della creatività immaginifica, della fantasia e giocheria di parole e d’idee… Che erano abituali nelle corti e nei borghi di mille anni fa, ma anche di duemila e tremila, e perfino ai tempi degli Egizi o degli Assiri-Babilonesi, per giungere poi di ritorno fino alla nostra stessa civiltà contadina, alle nostre case e famiglie di ieri o dell’altro ieri, quando la sera ci si riuniva per ascoltare “cunti”, storie, e facezie di paese.
Parole, in definitiva, che erano anche sentimenti, meraviglie e magie: specchio fatato della piccola quanto sconfinata mente dell’uomo.