I resti di Babele 20. Salvatore Cosentino, quando il teatro è corpo a corpo con l’idea

di Antonio Errico

In principio è un’idea. Un nucleo di senso intorno al quale convergono – o si addensano – immagini suggestioni emozioni   interpretazioni memorie. Poi da quel nucleo di senso prendono forma ragionamenti, riflessioni, considerazioni, argomentazioni, analisi che trovano coerenza e coesione  in una organizzazione per tematiche e problematiche.  Poi da quel nucleo di senso si configurano forme di monologo la cui finalità è costituita dalla dimostrazione di una tesi esposta già nella prima fase della rappresentazione. E’ così la configurazione del teatro di Salvatore Cosentino, nel quale spesso assume funzione da co-protagonista  Francesco Saverio Cosentino. Ma forse non è esatto definire teatro questa modalità di comunicazione con il pubblico. Forse sarebbe più esatto definirla messa in scena delle idee: perché in realtà si sottrae alle consuete forme del teatro, si sviluppa attraverso un processo di approfondimento di un elemento, di un particolare che risulta funzionale alla ricostruzione di un quadro tematico- semantico. Non è la scena che assume rilevanza. Anzi, la scena ha un significato del tutto secondario, o addirittura ininfluente. La rilevanza è determinata dalla parola: dalla passione di cui si carica la parola, dal pathos generato dal ritmo, dalle pause, da certi silenzi che sospendono brevemente il discorso e allo stesso tempo lo ricolmano di significato. E’ la parola che elabora immagini, traccia direzioni di significato, traduce in rappresentazione la conoscenza e l’esperienza, consente l’attraversamento di territori di sapere che custodiscono significati profondi.

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