di Antonio Devicienti
Era forse per riti celebrati nel ventre segreto della terra: scendevano dentro la madre fino ai segni che promettevano cibo, vita, guarigione.
Aggiungevano segni.
La loro lingua, la loro musica, i segni che certamente si dipingevano o tatuavano sul corpo, i cibi che preparavano anche con fine sacrificale davano forma al mondo, dal mondo ricevevano forma.
E il Salento (sebbene ancora in là da venire) cominciava da sùbito a essere stratificazione, continuo palinsesto di segni, di voci, di memoria.