di Gigi Montonato
Su cosa sia l’arte si discute da sempre, è una delle discussioni più ricorrenti e appassionanti di ogni tempo. Nei manuali scolastici di filosofia vengono proposti all’uopo due riferimenti fondativi, Platone e Aristotile. Uno diceva che l’arte è imitazione dell’Idea che è nell’Iperuranio, l’altro riteneva che l’arte è imitazione della Natura; uno guardava al Cielo, l’altro alla Terra. In comune l’imitazione. Gira e rigira ancora oggi è così.
Il caso del nababbo giapponese che si è assicurato la banana di Cattelan per sei milioni e duecentomila euro, che peraltro ha poi mangiato, ha riproposto la questione di che cosa sia l’arte, non senza risvolti umoristici e irritanti. Mi spiego con un aneddoto vero. Un giovane di qualche anno fa, di quale paese non ha importanza, diplomato all’istituto magistrale e perciò maestro di scuola, regolarmente disoccupato, se ne andava in giro piuttosto sbiellato per ragioni un po’ ereditate e un po’ trovate nella società. Aveva scritto perfino un opuscolo, Teoria folle della vita, e un po’ per gioco, un po’ per finta e un po’ sul serio dava di matto. Quando aveva bisogno di soldi prendeva un pezzo di carta e vi scriveva sopra “vale L. 10.000”, o “100.000”, a seconda di quanto gli serviva in quel momento. Si presentava allo sportello di una banca o dell’ufficio postale e chiedeva all’impiegato di cambiargli la “banconota”. Alla risposta di quello, un po’ sorpreso e un po’ divertito, farfugliava poche parole e poi se ne andava. Non era un tipo pericoloso, per fortuna sua e degli altri.