Il Festival di Sanremo e il gesto disperato di Luigi Tenco

di Antonio Errico

Quando cominciò era il principio degli anni Cinquanta. C’erano ancora le macerie della guerra. Presentava Nunzio Filogamo: cari amici vicini e lontani. Vinse Nilla Pizzi che cantava così: “Grazie dei fior. Fra tutti gli altri li ho riconosciuti. Mi han fatto male, eppure li ho graditi”.

L’ Italia era povera, rurale, contava 4 milioni di analfabeti; forse era anche allegra nella sua innocenza, certamente triste nella sua miseria. Un chilo di pane costava 115 lire, la pasta 180, la carne 870; un paio di scarpe da uomo 4.700, un biglietto del cinema 130 lire.

Poi quegli anni andarono e ne vennero altri; vennero altre storie. Poi venne e passò il Sessantotto; vennero e passarono gli anni di piombo, la stagione delle stragi, gli anni del riflusso, quelli dell’effimero; cambiarono i costumi, le mode, le voghe, cambiarono i governi, i papi, i partiti. Sotto i ponti passarono fiumi in piena, che travolsero molto, lasciando relitti galleggianti.

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