Per Franco De Paola, un gentleman salentino

di Paolo Vincenti

     Franco De Paola ha saputo unire nei suoi studi, in fertile connubio, il Salento e l’Inghilterra, e proprio questo scambievole legame si è voluto esprimere nel 2019, in occasione del compimento del suo ottantesimo genetliaco, con il titolo del libro che la Società di Storia Patria per la Puglia di Lecce gli ha dedicato, ovvero: Dalla rupe di Leuca alle scogliere di Dover. In onore del viaggio di Francesco De Paola[1],un volume che giungeva a coronamento di una vita spesa al servizio della collettività, per la grande e la piccola patria, per quest’ultima soprattutto, a vantaggio della sua crescita culturale e per la sua edificazione morale. Ci si riferisce ai lunghi anni di esercizio della nobile professione di docente e alla altrettanto lunga militanza di studioso impegnato sul campo. Ci si riferisce del pari al costante impegno nelle ricerche archivistiche e bibliografiche e all’acribia nello svolgimento del faticoso e non di rado ingrato lavoro di scavo; ci si riferisce ancora alla costante generosità dimostrata a non pochi colleghi nel mettere la propria competenza a disposizione del tutto disinteressatamente, nel condividere i frutti delle proprie ricerche rispondendo solo ad un intimo desiderio di socializzare la cultura dei luoghi.

 Come scrive Mario Spedicato nella Presentazione del succitato volume:

     Le due radici della sua formazione, anglista e salentina, convivono nella sua persona e si esprimono senza contrastarsi nel suo modo di essere, signorile nel suo aplomb di stampo britannico e caloroso nella relazione interpersonale propria della gente della nostra terra. E trovano efficace sintesi pure nella sua produzione culturale. Non è un caso che il primo destinatario delle sue attenzioni (primo sia in ordine cronologico che per profusione di energie e di tempo) sia quel Giulio Cesare Vanini il cui studio ha costituito un passaggio obbligato per tutti quegli studiosi salentini – di Taurisano in particolare – che non hanno resistito all’indubbio fascino esercitato da questo filosofo e che ne hanno fatto un banco di prova delle competenze archivistiche e storiografiche maturate. Proprio nell’esperienza umana e intellettuale del filosofo, De Paola ha identificato uno degli innumerevoli (e non sempre visibili) fili intessuti tra la Terra d’Otranto e i grandi centri dell’Europa che contava nel Seicento[2].

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