di Rosario Coluccia
«After all, tomorrow is another day», ‘Dopo tutto, domani è un altro giorno’, così dice a sé stessa fuoriuscendo dai singhiozzi e dalle lacrime con una luce di speranza che le brilla negli occhi la splendida Vivien Leigh che è stata appena abbandonata dal fascinoso Clark Gable. Sto parlando, come tutti hanno capito, della scena finale di uno dei film più famosi di tutti i tempi, Gone with the wind (Via col vento nella traduzione italiana), in cui Vivien Leigh interpreta la capricciosa e volubile Scarlett O’Hara e Clark Gable il personaggio di Rhett Butler, stufo del comportamento incostante della donna, a cui alla fine dichiara «Frankly, my Dear, I don’t give a Damn», ‘Francamente, mia cara, me ne infischio’, reagendo così alle parole di Scarlett che lo supplica di restare ancora con lei.
Domani è un altro giorno, quella battuta è diventata comunissima: è il titolo di una canzone della meravigliosa Ornella Vanoni, di un film del 2019 diretto da Valerio Spada con Valerio Mastandrea, Marco Giallini e altri; la sentiamo ripetere in situazioni in cui apparentemente niente di buono potrebbe più accadere ma invece c’è sempre speranza, speranza per un giorno migliore e per una nuova alba, come si ripete Scarlett aprendosi alle possibilità del futuro. Il film è la trasposizione cinematografica di un romanzo di quasi mille pagine di Margaret Mitchell, dato alle stampe nel 1936, premiato con il Premio Pulitzer nel 1937, che in poco tempo raggiunse il milione di copie vendute. Margaret Mitchell fu autrice di grande personalità, che seppe dar vita all’immortale Scarlett, brillante, bella, opportunista e senza scrupoli, le cui vicende si muovono sullo sfondo della Guerra di Secessione e della situazione che venne a determinarsi dopo la vittoria del Nord: tramonto del Sud e di quella società nello stesso tempo raffinata e schiavista, che alla fine della schiavitù in gran parte continuava a pensare che tutto sommato i «negri» stavano meglio prima, nella precedente condizione di schiavi.