di Antonio Lucio Giannone
(continuazione)
Ma adesso, anche per offrire un contributo nuovo per la Giornata di studi dedicata a Marco Sirtori, vorrei dare notizia di due altre opere che trattano questi avvenimenti e che si aggiungono al già ricco corpus di scritti or ora citati, una di carattere memorialistica e una che rientra nel genere drammatico. Sugli autori non si hanno molte notizie anche perché queste loro opere sono state scritte in inglese (e questa è una delle loro caratteristiche) e solo una è stata pubblicata anche in italiano. I loro nomi non figurano nemmeno nell’ampio repertorio di Guido Mazzoni sull’Ottocento, ricordato poc’anzi[1].
La prima è un libro di Antonio Nicolò, Ten years’ imprisonment in the dungeons of Naples, pubblicato a Londra in inglese nel 1861. Dell’autore, che nel frontespizio è definito «political exile», sappiamo che era nato a Sinopoli, in provincia di Reggio Calabria, nel 1823 ed era medico di professione. Anch’egli, nel 1848, aveva partecipato ai moti popolari scoppiati in vari centri del Regno delle due Sicilie dopo che Ferdinando II di Borbone aveva revocato lo Statuto costituzionale ed era stato imprigionato nelle carceri di Nisida e Procida per dieci anni, come tanti patrioti. Dopo lo sbarco in Irlanda nel 1859 si stabilisce definitivamente a Cork dove resta probabilmente fino alla morte.
La sua opera rievoca appunto i dieci anni di lotta e di prigionia, dalla latitanza alla cattura, dalla condanna al carcere alla liberazione. Il libro è inedito in Italia ed è stato solo in parte tradotto in italiano, forse dall’autore stesso. Nell’Archivio di Stato di Reggio Calabria è conservata la traduzione molto parziale di quest’opera, recuperata e presa attentamente in esame nella tesi di laurea su Antonio Nicolò di Cristina Bonvenga[2]. La versione comprende soltanto la sezione iniziale e quella conclusiva, mentre risulta assente la parte centrale, la più ampia, relativa agli anni passati nelle galere borboniche. Non sappiamo se la traduzione integrale sia andata perduta o se l’autore abbia tradotto solo queste parti. Ma esaminiamolo ora più da vicino.