di Mario Spedicato
Tria corda è il titolo di un sonetto che illumina più di un’autobiografia ragionata i solidi riferimenti esistenziali di Gino Giovanni Chirizzi. Nel redigere queste note l’abbiamo riletto (cfr. Canti di una vita, 2023 quarta di copertina) per focalizzare, senza disperderci in discorsi astratti, il percorso intellettuale al fine di spiegare la miscellanea di studi che la Società di Storia Patria di Lecce ha voluto donare ad un socio meritevole e degno di entrare nel pantheon della cultura salentina. In questo sonetto Chirizzi confida al lettore i “tre ardenti amori intensi e saldamente radicati” che vivono dentro di lui, fornendo “sostegno all’esistenza e fertil dignità ad ogni azione”. Li ricorda questi tre “cuori” a partire dall’Epiro “con i boschi sconfinati, le rocce, l’indomabile avvenenza” riconosciuta come la terra dei suoi avi, poi “l’aperto ed ospital caldo Salento, approdo dei fuggiaschi generoso, dimora familiare, forte terra” ed infine “la cara Capodistria, struggimento tenace ed istintivo, doloroso, da lei mi separò la triste guerra” per ricordare il luogo di nascita costretto ad abbandonare in seguito al secondo conflitto mondiale. Una triade che segna le sue vicende umane e nello stesso tempo il carattere apolide del suo incessante impegno nella ricerca storica e nella declinazione letteraria dei suoi testi poetici.