Per Aldo D’Antico, per Mino Castrignanò, per questi tempi ma anche per quelli che ci hanno visto ciarlare all’ombra del grande carrubo di Parabita

di Maurizio Nocera

Quando Mino Castrignanò mi diede il manoscritto del libro È successo un’altra volta! Opere teatrali 1993-2023, ad esso c’era già l’Introduzione di Monia Rosato (Segretaria provinciale dello Slc Cgil Lecce), mentre invece mancava la Premessa di Aldo D’Antico. Era un po’ di tempo che Aldo teneva una copia del manoscritto, però non aveva ancora inviato all’autore la sua premessa. Mino mi chiese allora se potevo telefonargli io per chiedergli a che punto stava. Gli risposi che lo avrei fatto volentieri anche perché era da un bel po’ che non sentivo Aldo.

Così gli telefonai. Era un pomeriggio avanzato del mese di gennaio 2024. Scelsi questo tempo perché sapevo che Aldo era solito farsi la pennichella. Mi rispose quasi immediatamente. Sentii la sua voce un po’ appesantita, perciò gli chiesi.

– Aldo come stai?

– Ultimamente non tanto bene. L’anno scorso ho avuto una piccola ischemia e sono ancora costretto ad usare le stampelle per muovermi. Però adesso va meglio. Spero quanto prima di rimettermi del tutto e ricominciare a fare il mio lavoro nella biblioteca. 

Aldo amava i libri e ad essi aveva dedicato gran parte della sua vita. Lì, a Parabita, quel suo ombelico del mondo tanto amato, nell’ex palazzo Ferrari, era riuscito a costruire una biblioteca quasi simile a quella costruita dai monaci del libro Il nome della rosa di Umberto Eco. Non nel numero degli esemplari, ma nelle caratteristiche librarie specifiche. Egli non era un bibliofilo nel vero senso della parola, ma non era neanche un bibliomane: i libri li raccoglieva, li schedava, li impilava, ecc., semplicemente perché sapeva il loro valore educativo e comunicativo. E poi, molti di essi li leggeva anche.

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