Taccuino di traduzioni 13. Yves Bonnefoy: Psiche innanzi al castello di Amore

di Antonio Devicienti



Claude Lorrain, Paesaggio con Psiche fuori dal Palazzo di Cupido Il Castello Incantato, 1664.

Sognò di aprire gli occhi, vide soli
che s’avvicinavano al porto, silenziosi
ancora, luci spente ma raddoppiate nell’acqua grigia
da un’ombra in cui s’affacciava il colore a venire.

Poi si risvegliò. Che cos’è la luce?
Che cosa significa dipingere qui, la notte? dar più
forza a questo blu, agli ocra, a tutti i rossi
non è morire ancor più di prima?

Dipinse allora il porto – però in rovina
(s’udiva l’acqua battere contro i fianchi della bellezza
e bambini gridare nelle camere chiuse)
le stelle scintillavano tra le pietre.

Ma l’ultimo dipinto (null’altro che uno schizzo)
sembra sia Psiche che, ritornata,
è rovinata in pianto (o canticchia) nell’erba
che s’avvinghia alla soglia del castello di Amore.

PSYCHÉ DEVANT LE CHÂTEAU D’AMOUR

Il rêva qu’il ouvrait les yeux, sur des soleils
Qui approchaient du port, silencieux
Encore, feux éteints; mais doublés dans l’eau grise
D’une ombre où foisonnait la future couleur.

Puis il se réveilla. Qu’est-ce que la lumière?
Qu’est-ce que peindre ici, de nuit? Intensifier
Le bleu d’ici, les ocres, tous les rouges,
N’est-ce pas de la mort plus encore qu’avant?

Il peignit donc le port mais le fit en ruine,
On entendait l’eau battre au flanc de la beauté
Et crier des enfants dans des chambres closes,
Les étoiles étincelaient parmi les pierres.

Mais son dernier tableau, rien qu’une ébauche,
Il semble que ce soit Psyché qui, revenue,
S’est écroulée en pleurs ou chantonne, dans l’herbe
Qui s’enchevêtre au seuil du château d’Amour.

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