di Rosario Coluccia
Anniversari. Alle 11 del 3 gennaio del 1954, settant’anni fa, la presentatrice Fulvia Colombo lesse dagli studi Rai di Milano il messaggio di inaugurazione delle trasmissioni televisive del Programma Nazionale, l’attuale Rai 1. Fu il punto di arrivo di un processo di sperimentazione faticoso, cominciato più di vent’anni prima e interrotto dalla seconda guerra mondiale. Nel giorno di esordio i televisori accesi (ovviamente in bianco e nero) furono in tutto ottantamila, e gli abbonati non superarono le ventimila unità, anche a causa degli alti costi del servizio: all’epoca il prezzo medio di un televisore era vicino al costo di un’automobile e sfiorava le dodici mensilità del reddito di un impiegato. Inizialmente i programmi duravano quasi quattro ore e la pubblicità non esisteva. Le trasmissioni iniziavano alle 17.30 con «La Tv dei ragazzi», centrale era il telegiornale delle 20.45, alle 23 tutto chiudeva.
Cento anni fa, il 3 febbraio 1924, nasceva Alberto Manzi, figura che, grazie alla trasmissione televisiva da lui condotta, si conquistò una straordinaria popolarità negli anni Sessanta del secolo scorso. Quella trasmissione si chiamava Non è mai troppo tardi e si rivolgeva ad adulti analfabeti per insegnare loro a leggere e scrivere: «Corso di istruzione popolare per adulti analfabeti», così recitava la didascalia che accompagnava il titolo. Iniziato il 15 novembre 1960, il programma andò in onda in diretta alle 18 di ogni martedì, giovedì e venerdì; terminò nel 1968. L’Italia del tempo, uscita da poco dalla guerra, era afflitta da percentuali di analfabeti mediamente superiori all’80%. L’inaccettabile analfabetismo comportava condizioni economiche miserrime per popolazioni in larga maggioranza contadine. Pochissimi sapevano parlare e scrivere l’italiano e, in una vita tutta chiusa in ambiti angusti, comunicavano per lo più oralmente e quasi esclusivamente in dialetto, in uno dei tanti dialetti della penisola, dal Piemonte alla Sicilia.