di Guglielmo Forges Davanzati
Uno dei più importanti economisti meridionalisti del primo Novecento, Francesco Saverio Nitti, deputato dal 1904, Presidente del Consiglio dei Ministri nel biennio 1919-1920, ebbe a scrivere che sarebbe un’”illusione pericolosa” quella di ritenere che il Mezzogiorno possa svilupparsi come un “grande albergo o un grande museo”. Nitti fu estensore della legge speciale su Napoli del 1904 che diede vita a un ampio programma di industrializzazione della città e dei territori circostanti, a partire dalla nazionalizzazione della produzione di energia elettrica.
La posizione teorica e politica di Nitti, riassumibile nella convinzione che lo sviluppo economico del Mezzogiorno debba essere guidato dall’industria e soprattutto dall’industria di Stato, è stata alla base dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno, a partire dal 1950, gradualmente abbandonato fino al definitivo superamento nel 1992.
La svolta liberista dei primi anni Novanta, e dunque lo smantellamento dell’economia mista, dell’impresa pubblica e del Welfare pubblico, ha determinato una radicale inversione di tendenza nelle politiche perequative che si prolunga fino ai giorni nostri e che ha generato non pochi danni. In particolare, la reiterazione – negli ultimi trent’anni – di misure di privatizzazione, di precarizzazione del lavoro e di austerità fiscale ha prodotto questi risultati: