Curiosità

di Paolo Vincenti

“Sono già via
scrivo da questo mare, sono già via
non si farà legare l’anima mia
fatta di roccia più dura
perché l’anima è un concetto senza età
senza famiglia né bandiera”

(Ulisse– Enrico Ruggeri)

Che cos’è la curiosità? La definizione del Devoto Oli: “desiderio abituale o episodico di rendersi conto di qualcosa per vie insolite o per motivi personali, talvolta, sintomo di indole leggera e pettegola, ma non necessariamente biasimevole”. Cicerone, nelle Tusculanae disputationes, parla di curiosus nel senso di “curioso, indagatore” (“Chrysippus… est in omni historia curiosus”1), ma anche nel De finibus dice curioso nel senso di “molesto, importuno”, dal greco periegos2. Nel linguaggio parlato, che attinge dal dialetto, curioso vale “stravagante, bizzarro”, “è curiosu” in dialetto salentino indica una persona di spirito, simpatica, pronta a fare battute, mentre “curiositusu” indica una persona che si interessa di tutto, spesso impiccione, ficcanaso. Si tratta di una forma di curiosità pettegola diffusa soprattutto nei paesi di provincia, nei borghi rurali o montani della nostra Italia, in quei posti insomma in cui ci si conosce un po’ tutti ed è facile che ciascuno voglia sapere di più della vita degli altri, parenti o amici che siano. In psicologia si intende con questo termine una motivazione di base, comune all’uomo e all’animale, che spinge alla ricerca del nuovo, all’esplorazione, alla ricognizione di ciò che è estraneo a sé stessi e al proprio ambiente. Non è un bisogno primario fisiologico, come mangiare e bere, ma muove un impulso dentro di noi che trova soddisfazione nel momento in cui viene realizzato. “Dato il tipo di attività essenzialmente rivolta al conoscere, la curiosità si può definire anche come motivazione cognitiva alla base di qualunque comportamento rivolto ad esplorare e conoscere il mondo esterno”3. La curiosità appunto non è mica un male, anzi, se è appassionata, spinge i creativi a comporre le proprie opere, si manifesta come ispirazione, fervore, uzzolo, ghiribizzo, sfizio. Se gli scrittori non osservassero le vite degli altri come produrrebbero i libri oppure i cantanti impegnati, oggi i trapper, cosa scriverebbero nelle loro canzoni? Se i giornalisti non indagassero nella vita dei personaggi pubblici come produrrebbero le loro inchieste? La curiosità muove i ricercatori e gli esploratori, spinge i naviganti a mettersi in viaggio. E il viaggio è ragione di vita per Ulisse, l’uomo “dal multiforme ingegno”, definito da Omero polùtropos, “versatile”, da Livio Andronico versatus, e da Orazio duplex4, che diviene per Dante (nel XXVI Canto dell’Inferno) uomo astuto e intraprendente, mosso da inestinguibile curiosità verso il mondo e le cose, riscattato dalla condizione di brutalità e spinto verso la virtù e la conoscenza. Quella curiosità è forte in colui che “al largo sospinge ancora il non domato spirito”, come dice Umberto Saba nella poesia intitolata proprio Ulisse.

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