di Antonio Lucio Giannone
Vincenzo Consolo (Sant’Agata di Militello, Messina, 18 febbraio 1933 – Milano, 21 gennaio 2012) è uno dei maggiori scrittori italiani della seconda metà del Novecento. Dopo aver esordito con il romanzo La ferita dell’aprile (1963) si è imposto all’attenzione di pubblico e critica con Il sorriso dell’ignoto marinaio (1976), considerato il suo capolavoro. Poi ha pubblicato, fra l’altro, il lavoro teatrale Lunaria (1985), Retablo (1987), Le pietre di Pantalica (1988), Nottetempo casa per casa (1992), Lo spasimo di Palermo (1998), oltre a saggi, articoli, prose memorialistiche.
Ho avuto il piacere di presentare due libri di e su Consolo, entrambi con la presenza dello scrittore. La prima volta è stata nel 2003, allorché presentai Oratorio, un volumetto pubblicato con l’editore Manni di Lecce. L’incontro si svolse a Calimera il 12 aprile di quell’anno, nell’ambito di una rassegna libraria.
Oratorio comprende due scritti: Catarsi e L’ape iblea. Elegia per Noto. Il primo è un testo teatrale, un atto unico composto per il Teatro stabile di Catania nel 1989 e rappresentato in quella stagione insieme ad altri due lavori di Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino, compresi sotto il titolo unitario di Trittico. Il secondo è un testo per musica, composto per il musicista Francesco Pennisi che a sua volta aveva ricevuto l’invito di una composizione musicale da parte dell’Orchestra della Toscana e di Radiotre. La composizione venne eseguita nel 1998 al Teatro Verdi di Firenze. E il titolo del volumetto, Oratorio, vuole alludere appunto alla forma particolare in cui sono stati rappresentati questi due testi, senza cioè allestimento scenico.