di Paolo Vincenti
“Signorina Maccabei
Venga
fuori, dica lei
Dove sono i Pirenei?”
Professore, io non lo so, lo dica lei”
La classe degli asini – Natalino Otto
Mi trovo in un supermercato di Milano davanti ad una lunga fila alla cassa, quando incontro Iurij, un ragazzo cortese che parla inglese e che, vedendo il mio carrello carico di roba – lui ha solo uno spazzolino e una confezione di lamette da barba – , mi cede il posto facendomi passare avanti. L’attesa è sempre noiosa e scambio due chiacchiere col gentile avventore che alla mia domanda di rito, “where are you from?”, mi risponde di provenire dalla Calmucchia, ma lo deve ripetere due volte di fronte al mio stupito: “sorry, where?”. La Calmucchia è una piccola repubblica indipendente incastonata nel Caucaso, di appena 280.000 abitanti, grande quanto il Belgio, e che ha come religione ufficiale il buddismo tibetano. Ma questo io lo apprendo solo dopo aver aperto Google per informarmi, perché al divertito Iurij sul momento rispondo grossolanamente: “ok, you’re russian”. La scoperta della Calmucchia desta la mia curiosità erudita e, tornato a casa, vado a ricercare tutte le più piccole e strane nazioni del mondo, per la maggior parte nemmeno riconosciute dalla comunità internazionale. I Calmucchi discendono dagli antichi Mongoli che dalla Cina giunsero nelle steppe del Caucaso in tempi remoti. Questo paese fu un Khanato nell’orbita della Russia ma indipendente, con lingua religione e tradizioni proprie, fino a quando, in seguito alla Rivoluzione di ottobre del 1917, non venne forzatamente annesso alla Russia da Lenin. Fu a fianco della Germania, che lo liberò nel 1941 dall’occupazione russa.