di Rosario Coluccia
Ecco la storia di un’Accademia che si occupa della nostra lingua. Fondata nel 1583 da un gruppo di letterati fiorentini uniti da amicizia e abituati a riunirsi periodicamente, l’Accademia della Crusca si diede all’avvio il nome scherzoso di brigata dei crusconi, indicando con tale scelta la volontà di differenziarsi dalla pedanteria di altre accademie: vi si organizzavano cruscate, discorsi giocosi e conversazioni di modesta importanza, insomma qualcosa di poco serio. Annualmente veniva indetto uno stravizzo, convito con pietanze prelibate, in cui veniva letta la cicalata, orazione in burla su un argomento di scarso rilievo, e si muovano “accuse” contro i maggiorenti titolari di uffici pubblici.
A dispetto di tali presupposti scientificamente poco incoraggianti, fin dai primi anni di attività non furono assenti intenzioni letterarie, dispute e letture di un certo impegno culturale. Fondamentale fu l’ingresso nel gruppo di Lionardo Salviati (nome accademico: Infarinato), che diede la spinta decisiva per la specializzazione in direzione linguistica degli intenti dell’Accademia. Si vagheggiava un modello di lingua che, sulla scia delle tesi di Pietro Bembo (1525), sancisse il primato del volgare fiorentino adottato dagli autori del Trecento (in particolare Dante, Petrarca e Boccaccio, le cosiddette Tre corone). Da quel momento l’intento normativo nella lingua avrebbe caratterizzato l’attività dell’Accademia, per secoli.
Nel secolo XVI la “questione della lingua” occupava gli scrittori italiani d’ogni campo, alla ricerca di un riferimento oggettivo per il buon uso del volgare italiano. Esigenza fortemente avvertita, in una comunità di alta tradizione ma frammentaria nelle sue manifestazioni linguistiche (anche nello scritto, oltre che nel parlato). L’inesistenza di un centro socio-politico-culturale (presente in Francia e in altri Stati europei già formati) comportava l’impossibilità di indirizzare lungo un percorso relativamente unitario i movimenti centrifughi e a volte carsici della lingua, espressione delle varie tradizioni linguistiche vive in Italia. Il cenacolo di ingegni che si costituì nell’ultimo ventennio del Cinquecento a Firenze, presto allargato a dotti di altre regioni italiane e di altri Paesi europei, riuscì in un’impresa straordinaria per quell’epoca: la composizione e pubblicazione (nel 1612, a Venezia) di un grande Vocabolario dell’italiano, fondato su circa 300 testi (dalla fine del Duecento alla fine del Cinquecento), dai quali erano state estratte 25.056 voci e 62.870 citazioni.