di Antonio Errico
Quelli che portano sulle spalle il privilegio di un’età che va dai cinquant’anni in su, che hanno visto arrivare il televisore in casa quando facevano la scuola elementare, quelli che hanno esperienza, che sono uomini arrivati, che sono donne arrivate (non invecchiati, però, non invecchiate), quelli Carosello se lo ricordano bene, ma proprio bene. Come si ricordano bene, proprio bene, le voci e i volti che si sono fatti lontani. Come si ricorda tutto quello che accade nella stagione dolceamara dell’infanzia, anche se qualche volta si fa confusione fra una realtà e una fiaba. Ma aveva ragione Cesare Pavese quando nei “Dialoghi con Leucò” diceva che abbiamo tutti una montagna dell’infanzia e per lontano che si vagabondi, ci si ritrova sul suo sentiero perché là fummo fatti quel che siamo.
Quelli che certe mattine mentre vanno in macchina, mentre vanno in treno a lavorare, che in certi pomeriggi sonnolenti di domenica, mentre guardano i giornali davanti al televisore, si fanno ritornare in mente quella sigla che non si può rendere a parole, quelli che sanno perfettamente com’è che vanno e vengono le stagioni, sanno anche che molte storie, quelle che restano dentro, cominciano con le parole c’era una volta.