di Guglielmo Forges Davanzati e Luigino Sergio
È un dato noto agli addetti ai lavori – ma probabilmente poco noto a molti lettori – che la pubblica amministrazione italiana, e ancor più quella meridionale, è significativamente sottodimensionata rispetto alla media OCSE. Lo certificano ricerche della Banca d’Italia e i Rapporti annuali dell’OCSE sui Government at a glance, che evidenziano i danni prodotti dal blocco del turnover, a partire dal 2007, riproposto fino al 2019.
La quota di dipendenti in rapporto all’occupazione complessiva nel Paese è pari al 14%, un valore notevolmente inferiore a quello di tutti gli altri Paesi dell’Eurozona (21.4% in Francia; 28.6% in Svezia). Questa percentuale è anche inferiore a quella di Paesi – ci si riferisce quelli anglosassoni – tradizionalmente considerati maggiormente orientati al mercato e, dunque, con un ruolo poco rilevante del settore pubblico (16.4% nel Regno Unito e 15.3% in USA). Il sottodimensionamento della P.A. italiana risulta tale anche se quantificato sulla base della numerosità di dipendenti per mille abitanti. L’età media del personale è elevata, gli stipendi sono mediamente più bassi, in termini reali, di quelli percepiti nelle amministrazioni pubbliche dei principali Paesi europei ed è elevata e crescente l’incidenza dei contratti precari.