Il Convito delle stagioni di Antonio Prete

di Gianluca Virgilio

A quale banchetto ci invita Antonio Prete con questo suo quarto libro di poesia dal titolo Convito delle stagioni (Einaudi 2024)? E quali sono le pietanze che saranno servite e quali gli invitati? Perché è certo che le stagioni sono quelle, numerose, evocate da un passato più o meno lontano; ed esse sono fatte dei luoghi più diversi e di molte persone, che il poeta ha incontrato, conosciuto e frequentato e che ora convoca nella forma solenne della poesia. “Non c’è pensiero o affetto / che si perda nel nulla.” C’è, semmai, “Un sogno che la parola oppone / al silenzio che la abita, / la materia al vuoto che l’assedia”, scrive il poeta nella poesia incipitaria Metamorfosi, vv. 1-2 e 18-20). Che tutto cada nel vuoto e nel vuoto si perda e si annichilisca per non ricomporsi mai più, questo è il timore. Il poeta vi oppone la parola, che sarà appunto la ricca pietanza del convito.  Si ha la sensazione che la poesia qui voglia celebrare una festa e che i versi, molti endecasillabi e altrettanti versi liberi, siano destinati a scandire un rito conviviale che restituisca in pieno il senso di un’intera vita.

I convitati sono i poeti a lungo frequentati e qui rimpianti: Edmond Jabès, Mario Luzi, Yves Bonnefoy, ai quali è dedicata la bellissima lirica Passi d’ombra: “Forse è un sentiero della mente questo / dove m’accade di ascoltare il passo / di amici che camminano in silenzio, / tutti raccolti in sé nel tempo immoto / privo di turbamento…” (vv. 1-4); l’amata madre in Nel giorno senza tempo della tua assenza: “Sei lì, tra la loggetta e il tratturo che porta / al cancello. La casa rossa è dietro di te: / non so da quale lontananza ti vedo, / quale istante è tua veste, tuo profumo.” (vv. 1-4); gli amici ne L’aiuola del ricordo: “Amici che un giorno mi diceste addio / senza dirmelo”, vv. 15-16), una donna senza nome evocata in Sole del mattino, e spesso anche animali, domestici e non, il gatto Rouge e Luna la lupa (Nominazione, Genesi, 2, 20-21), il fagiano, la volpe, la rondinella, ecc.  C’è un bestiario che punteggia la poesia e dà il titolo alla terza sezione del libro, Per un bestiario, composta da tredici componimenti. Vi scorrono immagini di animali che sembrano essere lì lì per tradursi in allegoria, come nella poesia Un cervo: “Fu dove curva un torrente, sui Volsci, …”; oppure suscitano il ricordo, come ne L’airone: “Nell’infanzia, un airone in un ricamo…”; o ancora inducono la riflessione sull’opacità per noi umani del mondo animale, come ne Il cane (“… Ma rimane, il suo mondo, / tutto raccolto in un opaco fondo”, vv. 5-6). E così, nello spazio cadenzato di una breve poesia, Il gallo, ci diamo ragione anche del titolo di una bella rivista che Prete fondò e diresse tra il 1989 e il 2004, “Il gallo silvestre”, che “Nelle notti d’infanzia lacerava / all’improvviso il mio onirico manto.” (vv. 1-2).

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