Manco p’a capa 221. La transizione ecologica senza gli ecologi

di Ferdinando Boero

Alberto De Sanctis rimarca, sul Secolo XIX del 14 settembre, come il Movimento 5 Stelle abbia abbandonato l’ambientalismo, per occuparsi di sociale e giustizia. Tra i provvedimenti del M5S con impronta ambientalista cita il bonus bici e monopattini, a cui si aggiungono, ad esempio, la Legge Salvamare e diverse altre misure, come il superbonus edilizio per efficientare le abitazioni da un punto di vista energetico, per non parlare del PNRR, in buona parte da investire nella transizione ecologica. Nonostante queste iniziative con finalità ambientaliste, De Sanctis ha pienamente ragione. Da ecologo, mi sento di dire che lo spirito ecologista (e c’è una bella differenza tra ecologi ed ecologisti) del M5S riguarda non tanto l’ambiente quanto i nostri impatti su di esso, con la proposta di sviluppare tecnologie sostenibili. Non a caso, nel governo Draghi, Grillo accetta che a dirigere il Ministero della Transizione Ecologica sia chiamato non un ecologo ma un tecnologo che, ora, ha una posizione di assoluto rilievo in Leonardo e che per dieci anni ha diretto l’Istituto Italiano di Tecnologie. Roberto Cingolani, un fisico, ha una produzione scientifica eccellente, ma non riguarda l’ecologia. E quasi nessuno, tra chi è stato chiamato a realizzare la transizione ecologica, ha formazione e competenza diretta in ecologia.
Gli ecologisti hanno a cuore l’ambiente. Gli ecologi lo studiano. Non basta avere a cuore qualcosa per essere professionalmente competenti in quella cosa. Fare la transizione ecologica senza gli ecologi non appare strano a nessuno, neppure al M5S.
La sostenibilità richiede lo sviluppo di nuove tecnologie, la cui invenzione è indispensabile per la transizione ecologica; pur essenziali, le tecnologie non sono sufficienti. La loro efficacia si misura solo in un modo: migliorano lo stato della biodiversità e degli ecosistemi? Se lo fanno rispondono alle aspettative. Se non lo fanno… non ci siamo. Questa verifica non si fa.

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