Manco p’a capa 218. Scienza e religione: l’ignoranza del negazionismo

di Ferdinando Boero

Siamo gli unici animali dotati di coscienza di sé e in grado di chiedersi il perché delle cose (poi spiegheremo a Lollobrigida che questo non significa “senzienti”). Abbiamo accumulato un bagaglio di credenze, esperienze, e conoscenze che tramandiamo di generazione in generazione, con un sapere collettivo che non trova riscontro in altre specie.
Ogni credenza religiosa induce a ritenere false le innumerevoli altre religioni e che l’unica vera sia la propria. La religione è soggettiva e dipende dal contesto di formazione: un tratto culturale molto pregnante, visto che non mi risulta esistano culture tradizionali prive di fede religiosa. Il sapere scientifico è all’altro capo della cultura, e cerca di essere oggettivo: in tutti i paesi del mondo, qualunque sia la religione, l’acqua è fatta di idrogeno e ossigeno e ha una sola formula. Lo stesso dicasi per la struttura della materia vivente, organizzata in cellule e codificata da un linguaggio chimico a base di DNA e RNA, e per il funzionamento degli ecosistemi.
La religione propone verità, la scienza identifica l’ignoranza e cerca di ridurla, elaborando ipotesi da sottoporre a verifica: se passano il vaglio sperimentale sono accettate, altrimenti si rigettano e se ne cercano altre. Alcune ipotesi possono rivelarsi corrette in alcuni ambiti e scorrette in altri: non c’è un solo modo in cui si verifica l’evoluzione, ad esempio; si riteneva che fosse solo graduale, poi si vide che può anche verificarsi in modo improvviso, con salti evolutivi non graduali: esistono entrambe le modalità e nessuna è universale. Lo stesso vale per molti fenomeni ecologici, ad esempio lo sviluppo di comunità di specie. Col progredire delle conoscenze, la scienza modifica la scienza, soprattutto se studia il fenomeno più complesso dell’universo conosciuto: la vita.

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