di Francesco D’Andria
Già alcuni amici mi avevano chiesto, qualche tempo fa, di intervenire nella polemica, sollevata da Italia Nostra, sul progetto “Votiva”, realizzato a Parabita lungo le vie del centro storico e dei quartieri vicini. Avevo preferito tacere, anche perché ci trovavamo a ridosso delle elezioni comunali e qualsiasi parere di approvazione o dissenso sarebbe stato interpretato come una presa di posizione a favore di uno e dell’altro candidato. La gentilezza del Sindaco Stefano Del Prete tuttavia mi aveva permesso di visitare gli allestimenti realizzati in paese e grazie alla cortesia delle curatrici, Laura Perrone e Flaminia Bonino, avevo potuto seguire i percorsi segnati dalle opere, collocate nelle edicole votive che già avevano ospitato le immagini dei santi, a dire il vero, alcune molto deteriorate. Mi aveva in particolare colpito il pregevole mosaico di Mimmo Paladino, un artista molto noto, per i richiami all’arte musiva di Ravenna e per l’immagine allusiva del mistero eucaristico. Nella discussione con il Sindaco e con una delle curatrici avevo avuto modo di sottolineare il valore rappresentato dalla presenza delle edicole votive all’interno dei centri abitati in Italia, tappe di una topografia sacra che non di rado recano vere opere d’arte, oggetto di tutela da parte del nostro Ministero della Cultura che si occupa anche dei Beni Demo-etnoantropologici. Per dirla in modo più semplice, di tutte le manifestazioni, materiali e immateriali, della cultura popolare, radicata nelle più diverse tradizioni locali del nostro Paese. Basti pensare alle tante edicole di Roma, capolavori del Barocco, a quelle presenti nei carrugi di Genova, alle raffinate sculture in cartapesta che segnano tante strade del centro storico di Lecce, parte dello stesso tessuto culturale che raggiunge le vette maggiori nella Basilica di Santa Croce. Avevo osservato che il progetto doveva essere meglio spiegato, illustrando lo stato delle diverse edicole prime degli interventi di sostituzione con le opere degli artisti contemporanei. Magari alcune potevano essere ripristinate con un adeguato restauro, per non cancellarne la memoria.