Cosa ci insegna la storia delle privatizzazioni per la vicenda ex Ilva

di Guglielmo Forges Davanzati

Una chiave di lettura probabilmente utile per comprendere la tormentata vicenda dell’ex Ilva può essere fornita dalla ricostruzione delle vicende delle privatizzazioni in Italia. L’occasione è offerta anche dalla recente pubblicazione di un interessante volume sull’economia italiana, e, in particolare, sulla svolta del 1992 (Franco Amatori, Pietro Modiano e Franco Reviglio, a cura di, L’Italia al bivio. Classi dirigenti alla prova del cambiamento: 1992-2022, Franco Angeli, Milano 2024), con interventi di alcuni fra i migliori economisti e storici economici italiani e di autorevoli protagonisti di quella stagione, fra i quali Giuliano Amato e Romano Prodi. Il punto di partenza di questa ricostruzione è dato dall’evidenza empirica registrata dall’OCSE, nel Rapporto “Regulatori Reform in Italy” del 2001: le privatizzazioni italiane hanno costituito uno dei più imponenti trasferimenti di ricchezza della Storia occidentale da uno Stato sovrano a imprenditori privati. In particolare, il nostro Paese è arrivato tardi a privatizzare, ma ha fatto di più e ha fatto più rapidamente di tutti gli altri Paesi industrializzati.

Le motivazioni che furono avanzate per le dismissioni di importanti imprese pubbliche in quel periodo furono sostanzialmente due: in primo luogo, si ritenne il nostro settore pubblico esclusivamente fonte di sprechi e inefficienze, ancor più a seguito del coinvolgimento di vertici aziendali nell’inchiesta Mani pulite; in secondo luogo, si argomentò che le privatizzazioni avrebbero consentito una migliore allocazione del risparmio delle famiglie italiane.

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