I modelli di rielaborazione della spazialità nel cinema e nelle serie televisive

di Simone Giorgino

Le potenzialità ermeneutiche offerte dallo spatial turn, cioè da quella «svolta geografica» che a partire dagli anni Zero ha proposto, nelle discipline umanistiche, un numero sempre crescente di indagini sulle relazioni che intercorrono fra biosfera e semiosfera, fra uno spazio geografico e la sua rappresentazione artistica, sono l’oggetto di studio di un agile (e denso) libro di Luca Bandirali, Medium loci. Spazio, ambiente e paesaggio nella narrazione audiovisiva (Pellegrini, Cosenza 2022), in cui l’autore si sofferma, in particolare, sui modelli di rielaborazione della spazialità nel cinema e nelle serie televisive.

Il volume ha un impianto prevalentemente teorico (I capitolo-Problemi di spazio), puntellato però da numerosi esempi applicativi tratti da film per diversi aspetti paradigmatici come Viaggio a Tokyo di Yasujirō Ozu, Viaggio in Italia di Roberto Rossellini o L’invenzione di Morel di Emidio Greco (II-Immagini dello spazio); da recenti serie tv come Gomorra-La serie di Roberto Saviano, Anna di Niccolò Ammaniti o L’amica geniale di Saverio Costanzo (III-Paesaggi seriali); e infine dal cinema «meridiano» di registi del Sud come Edoardo Winspeare, o che hanno scelto il Sud come paesaggio geografico e culturale di riferimento, sviluppando una rielaborazione dello spazio da una prospettiva che Bandirali inquadra, nel caso particolare del local cinema salentino, attraverso la categoria del borderscape, del paesaggio di confine (IV-Spazi a Sud).

All’inizio del suo lavoro, Bandirali ripercorre rapidamente le fasi salienti del dibattito sviluppatosi attorno alla spazialità, da Aristotele a John R. Searle, da George Simmel a Denis Cosgrove, dalle eterotopie di Michel Foucault allo spazio ‘nomade’ di Gilles Deleuze, dalla geocritica di Bertrand Westphal alla geostoria di Fernand Braudel, dai non-luoghi di Marc Augé al «terzo paesaggio» di Gilles Clément. Per poi concentrarsi, in maniera più specifica, su quello che viene definito, anche sulla base delle ricerche di Michael Jakob, landscape turn, «svolta paesaggistica», che trova appunto nella riflessione attorno all’ontologia del paesaggio il campo d’indagine privilegiato.

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