di Guglielmo Forges Davanzati
I problemi derivanti da una marcata e crescente specializzazione nel settore turistico come è accaduto in Puglia negli ultimi decenni sono ben noti e riassumibili in due punti. In primo luogo, l’elevato afflusso di turisti è connesso alla gentrificazione, che si manifesta con l’insediamento, in particolare nei centri storici, di strutture di accoglienza con la conseguente espulsione delle famiglie tradizionalmente lì residenti e la perdita di identità dei luoghi. Vi è, dunque, congestione e produzione di esternalità negative, sia sotto forma di crescenti impatti ambientali, sia sotto forma di spinte inflazionistiche. In secondo luogo, il turismo è un settore con bassa produttività, bassi salari e con elevata incidenza dell’economia sommersa. Il turismo in Puglia è essenzialmente stagionale e balneare. L’Osservatorio regionale rileva, inoltre, il più basso livello di istruzione dei dipendenti e dei gestori di attività turistiche nella regione rispetto alla media italiana.
La crescita dell’incidenza regionale del settore (il suo contributo al Pil regionale passa da circa il 3% dei primi anni Duemila a circa il 9% attuale) è strettamente connessa alla de-industrializzazione. Questa ricomposizione della specializzazione produttiva (con perdita di oltre il 2% di produzione manifatturiera negli ultimi venti anni nella Regione Puglia) è parzialmente l’effetto di una dinamica globale ed è anche il risultato di politiche nazionali e regionali che la hanno assecondato e promosso. Occorre, a riguardo, considerare l’andamento della bilancia turistica negli ultimi anni, che fa registrare (su fonte Consiglio Nazionale delle Ricerche, nel Rapporto del 2023) un attivo tendenzialmente in aumento per la Puglia. L’evidenza empirica segnala un aumento del turismo di prossimità, che viene spesso generato mediante un aumento del reddito locale derivante da altre attività (tipicamente manifatturiere, dove i salari sono mediamente più alti).