Inchiostri 119. Il volo della libellula

di Antonio Devicienti

«Non mi bastava la luce nera del Merisi, dovevo contendere alla notte il silenzio foderato
di melancolia, ascoltare voci parlarmi da belliche distanze – e non è detto che la guerra non duri anche dopo.

Non volevo specchi per guardarmi, né balocchi per consolarmi: se laceri il velo del mondo
sconti quel sangue che fiotta e non hai scampo.

L’insegna al neon d’una trattoria è sole di mezzanotte se Roma sta,sospesa tra inverno tardo e l’ultima canzone di Tenco.
Non mi bastava il rosso-corallo di Rothko campito sulle banderuole segnavento del sonno, dovevo slanciarmi in un volo e il retrobottega fabbricare un grido solo» (Roma, Via del Corallo 25).

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