La sensibilità che serve per comprendere il Novecento

di Antonio Errico

Ritratto di Salvatore Settis.

Salvatore Settis, archeologo, storico dell’arte, direttore della Normale di Pisa, nel corso di un’intervista ad Antonio Gnoli per “Robinson”, racconta che una volta, durante una passeggiata in montagna, Italo Calvino gli disse che per guardare il presente occorreva lo sguardo di un archeologo: uno sguardo che ribalta le forme lineari del tempo.

L’archeologo ha conoscenza delle stratificazioni. Interpreta analizzando gli elementi che si aggiungono e si integrano e modificano i luoghi. Anche il tempo che si vive è la derivazione di stratificazioni, di forme di pensiero, di fatti, accadimenti, cause, conseguenze, evoluzioni. Per comprendere quello che accade oggi bisogna scavare nel passato prossimo e remoto, decifrare i segni, comparare, individuare da quali esperienze di esistere proviene, in che terreno affonda le radici, quali ragioni e quali sentimenti lo hanno fatto nel modo in cui è. Per comprendere il presente bisogna avventurarsi nelle sue profondità di secoli, a volte di millenni. Bisogna restaurare e in qualche caso finanche costruire una memoria mettendo insieme i cocci. Se non si fa così, il presente si può osservare ma non si comprende. Se non si comprende non si può governare. Se non si governa viene stravolto dal caos. Per una civiltà, la memoria storica è condizione indispensabile, perché interessa l’identità, i valori, le forme e le espressioni di pensiero, l’arte, le consuetudini, i significati che si attribuiscono alle cose e alle storie. Senza memoria storica, il presente risulta una condizione sospesa nel vuoto, proveniente dal  niente e protesa verso il niente.

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