di Adele Errico
“Gesù è morto per TE” (La saggezza nel sangue, minimum fax 2021, p. 183) recita un cartello sull’autostrada dove Hazel Motes sfreccia sulla sua auto color grigio topo. Solo che Hazel Motes si sforza di non guardarlo, si rifiuta intenzionalmente di leggerlo. Quella frase tanto gigantesca che gli sembra di sentirsela urlare nelle orecchie rappresenta tutto quello che Hazel Motes vuole combattere. Il protagonista del primo romanzo di Flannery O’ Connor, La saggezza nel sangue, è un ragazzo che, terminato il servizio di leva, ritorna a casa, nel profondo Sud degli Stati uniti. Però ha addosso un fardello del quale tenta ossessivamente di liberarsi: un Cristo crocifisso nella sua testa, inchiodato nella sua famiglia da generazioni perché suo padre era un predicatore itinerante, “un vecchio lunatico che girava in macchina per tre contee con Gesù nascosto nella testa come un pungiglione”. Così diventa personaggio grottesco in un mondo grottesco, Don Chisciotte di una religione immaginaria e si mette anche lui a girare in macchina per le contee, ma per fare esattamente il contrario di quanto faceva suo padre, predicare una “Chiesa Senza Cristo” dove “il cieco non vede e lo zoppo non cammina e chi è morto resta morto” (p. 104). Quando La saggezza nel sangue viene pubblicato, nel 1952, i recensori tacciano il romanzo di assurdità, in quanto portatore di una storia ai limiti del reale, ambientato in un’America del Sud popolata da persone inumane e mostruose, tanto repellenti da non sembrare parte della razza umana. Eppure Flannery O’Connor prende questo personaggio e lo inserisce in un contesto di un Sud protestante che lei conosceva bene, di cui leggeva sui giornali, sostenendo che uno scrittore potesse scrivere solo di quello che poteva osservare.