di Paolo Vincenti
Nel libro Donne di potere nell’Alto Medioevo. Elena-Teodora-Irene-Marozia[1], ci si occupadi quattro donne di potere, tre delle quali, Elena, Teodora e Irene, sono state fatte sante.
La domanda che si pone nella Premessa è come mai queste donne, protagoniste del volume, dalla dubbia moralità, ree di congiure di palazzo, epurazioni ed assassinii, siano potute essere santificate. Ma gli interrogativi sulle modalità di santificazione vengono facilmente fugati se si dà un’occhiata prospettica alla letteratura di settore, in parte già elencata nel volume stesso[2]. Come poi questi culti siano giunti in Italia e assorbiti anche dai nostri calendari romani, non è difficile immaginare se si tiene conto dei proficui rapporti commerciali fra le due sponde del Mediterraneo e ancor di più del profondo
scambio culturale che a cavallo del secolo Mille diventa quasi osmotico, in particolare fra l’Italia meridionale e Bisanzio[3].
Siamo a cavallo fra due mondi caratterizzati da riti e
culti diversi che però con la dominazione bizantina si compenetrano fra loro.
In particolare, con lo scisma del 1054, le due chiese, invece di dividersi
definitivamente, si ritrovano, anche se ciò può sembrare paradossale. La
cultura greca è profondamente radicata nel Meridione d’Italia e in questa
sedimentazione sono da ritrovare le origini di molti culti come per esempio
quello di Sant’Irene a Lecce, di San Cataldo a Taranto, di San Teodoro a
Brindisi. Mario Spedicato sottolinea il ruolo centrale svolto dal mare
nell’alimentare i traffici e gli scambi di varia natura fra i due mondi, quello
bizantino orientale e quello latino occidentale. Anche se le varie città di
Puglia, Basilicata, Calabria seguono protettorati diversi, questo, scrive
Spedicato, “non oscura i segni di una presenza bizantina a lungo predominante
[…], segni che, per restare solo alle superstiti tracce artistiche, richiamano
con pochissime eccezioni quasi sempre il culto dei santi di origine orientale,
come a Lecce che si affida alla protezione della santa di Tessalonica [Irene]”[4]. A
proposito della beatificazione di Elena, madre di Costantino, Teodora, moglie
di Giustiniano e Irene, Imperatrice di Costantinopoli, ci si è chiesto come si
possa essere giunti alla santificazione di donne e uomini di potere che certo
modello di una specchiata moralità non erano. Eppure, nonostante alcuni
regnanti abbiano fatto dell’intrigo, della corruzione politica e finanche del
delitto la propria cifra, essi sono saliti agli onori degli altari e la chiesa
occidentale ha accettato ed incluso nei propri calendari religiosi certe
beatificazioni. È sicuramente una forte contraddizione, un alternarsi di
intransigenza e compromessi. Del resto, «ogni processo di acculturazione
necessita in realtà di questa mescolanza di rigorismo e di lassismo. Nella sua
ultima opera, il filosofo Jacques Maritain si servì del concetto di
“inginocchiarsi di fronte al secolo” per designare il comportamento ambiguo
della Chiesa di fronte ai valori non cristiani, che rispetta fino a capitolare
di fronte a loro»[5]. Se non
vogliamo in questa sede riprendere una simile riflessione, ci basti d’altro
canto aver instillato nel lettore, su un argomento così spinoso, la curiosità
per approfondirlo.