di Mario Spedicato
L’identità di un paese si costruisce quasi sempre con l’immagine della sua chiesa più importante. Carmiano ha colpevolmente cancellato nel 1961 l’antica chiesa matrice, perdendo in maniera irrimediabile questo riferimento identitario. Nel panorama salentino è uno dei pochi centri che ha perso il suo primitivo volto. Per un verso fa rabbia, per un altro fa tristezza, ma basterebbe questo solo evento per giudicare l’inadeguatezza della classe dirigente che ha governato il paese negli anni successivi al secondo dopoguerra.
La storia di Carmiano non è possibile raccontarla con una passeggiata nel vecchio agglomerato urbano. Non esiste più il centro storico formatosi nel Cinquecento, l’antica piazza è stata spazzata via per fare posto ad un anonimo incrocio viario, anche le vecchie “curti” sopravvissute all’incuria sono state rimodulate senza alcuna tutela sul piano conservativo, il rifacimento edilizio privo di senso su manufatti d’epoca ha finito per distruggere tutte le più significative tracce del passato, in modo particolare quelle architettonicamente e storicamente rilevanti, ancora custodite fino ai primi decenni del Novecento. Si sono salvate da questo scempio la chiesa dell’Immacolata e, ma solo in parte, il palazzo baronale dei padri Celestini di Santa Croce, anch’esso soggetto a ripetuti adattamenti edilizi che ne hanno alterato l’originario impianto, un accanimento che è continuato fino ai giorni nostri senza trovare una dignitosa e definitiva soluzione, sospesa in attesa di essere chiarita per l’esorbitante richiesta di un privato nei confronti del Comune, nuovo proprietario della struttura, per lavori di consolidamento statico effettuati negli anni appena trascorsi (spero con l’esplicita approvazione e il diretto controllo della sovraintendenza BB.AA., trattandosi di un bene architettonico vincolato).