Parole, parole, parole 10. Se rinunciamo alla nostra lingua…

di Rosario Coluccia

Siamo alle solite. L’Università di Bologna ha deciso che, a partire dall’a.a. 2024-2025, il Corso di Laurea in «Economia del Turismo» (sede di Rimini) verrà soppresso mentre rimarrà attivo quello denominato «Economics of Tourism and Cities», con insegnamenti svolti esclusivamente in lingua inglese. Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca, ha contestato la delibera in una lettera aperta indirizzata al  Rettore dell’Università di Bologna, professor Giovanni Molari, e alla Ministra dell’Università e della Ricerca Scientifica, professoressa Anna Maria Bernini. Ecco, in sintesi, i temi toccati nella lettera, alcuni collegati specificamente a quel corso di studio, altri di carattere generale. Il documento intero si legge al sito https://accademiadellacrusca.it/it/contenuti/italiano-e-inglese-nei-corsi-universitari-la-lettera aperta-del-presidente-dell-accademia-al-rettore/36503, la responsabilità della sintesi è mia.  

Nello specifico, è necessario chiedersi se un corso di laurea centrato sul turismo, che tratta della straordinaria ricchezza di beni naturali, artistici, archeologici, culturali che impreziosiscono il nostro paese, possa illustrarne le caratteristiche e la storia ricorrendo solo alla lingua inglese. Si arriverebbe, forse, al caso estremo di tradurre nella lingua straniera i nomi di cibi, musica, letteratura, città, artisti, opere, musei italiani, distorcendone la comprensione a chi ancora non li conosce direttamente e di fatto riducendone l’attrattività agli occhi dei turisti stranieri, la cui presenza nel nostro paese si vorrebbe invogliare. Al contrario, sarebbe giusto che visitatori di tante nazionalità, senza rinunziare alla loro lingua, possedessero rudimenti minimi di italiano e una conoscenza sia pure generica dei nomi e delle qualità fondamentali di quanto esprime l’Italia che si accingono a conoscere. L’uso dell’italiano, marchio di garanzia che pubblicizza i nostri prodotti e le nostre eccellenze, costituisce un formidabile volano per ulteriori ricadute di tipo economico. Per alcuni prodotti le denominazioni italiane costituiscono di per sé una pubblicità: pensiamo a nomi internazionali come pasta, spaghetti, maccheroni, espresso, barolo, tiramisù, per non parlare di pizza, italianismo entrato nelle lingue del mondo intero.  

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