di Nello De Pascalis
Sono un uomo libero, per trent’anni imprestato alla scuola. Mi sarebbe piaciuto vivere sul mare e perdermi in luoghi ameni, ma il mio lavoro era sempre, o quasi sempre, riconducibile a spazi angusti adattati a nobili usi; ne sopperivo rinunciando ad alcune cose e preferendone altre; infatti non dichiarai mai la mia disponibilità, nelle ore di buco, a supplire docenti assenti e, non a caso, aderivo agli scioperi della scuola da qualunque parte venissero indetti. Sono fatto così, forse indotto da sete di libertà o da innata avversione al potere. Quelle ore di buco erano mie e me le gestivo nel modo più congeniale al mio sentire: passeggiando nella campagna circostante, per poi rientrare in classe rigenerato. Quando ne ebbi due concomitanti, le accettai senza batter ciglio, al contrario di chi vedeva le ore di buco come una maledizione. Scendevo alla marina che distava poco (per la sua vicinanza non chiesi mai il trasferimento in altra sede) da quell’ambiente resomi disgustoso da fior di lecchini, ed era un andare a zonzo catartico, un nutrirsi di odori e riverberi che mi traslavano oltre i confini fisici di quel palcoscenico fascinoso qual è il mare.
Conobbi Fisso (da Crocefisso) in uno dei miei vagabondaggi ed ebbi il privilegio di diventargli amico. Era un vecchietto che passava le sue giornate pescando sino all’ora di pranzo. I nostri incontri avvenivano sistematicamente tutti i giovedì ed ebbi la sensazione che aspettasse il mio arrivo. E il rapporto amicale andò sempre più consolidandosi tanto che Fisso cominciò a ‘passarmi’ le sue conoscenze: lascito di cui un appassionato di pesca come me, fece tesoro.