Manco p’a capa 182. Parliamo di cinema

di Ferdinando Boero

Mi piace andare al cinema. Non parlerò dei film che non mi piacciono, anche perché non li guardo, ma ce ne sono due, gli ultimi due che ho visto, che hanno soddisfatto tutta la gamma delle mie aspettative. Prima, però, devo fare una premessa. Al liceo, negli anni sessanta, partecipavo all’organizzazione dei cineforum: Bergman, con Liv Ullman che guarda intensamente Max Von Sydow, entrambi col travaglio interiore, e Einsenstein, con carrozzine che scendono le scale e armate che rovinano allo spaccarsi del ghiaccio. Roba così. Con il dibattito, ovviamente. Villaggio, di Genova pure lui, deve aver attraversato momenti analoghi e li ha esorcizzati con la cagata pazzesca con cui ha definito uno dei capolavori del cinema di tutti i tempi.
L’overdose di intimismo e angoscia mi portò all’estremo opposto: per diversi anni un film non era visibile se non c’era almeno una sventagliata di mitra o, comunque, una sparatoria. Per diversi anni il mio eroe è stato John Wayne, e so ripetere le battute di molti film che lo vedono eroe. Ombre rosse è il viaggio in diligenza di un banchiere che fugge dalla città con i soldi rubati ai risparmiatori, di una prostituta, Dallas, scacciata dalla stessa città da un comitato di madamine capitanato dalla moglie del banchiere. E poi c’è lui, Ringo, fuorilegge suo malgrado, e una serie di altri personaggi per me mitici, primo tra tutti Buck, il cocchiere, impersonato da Andy Devine (a cui il mio amico Zappa dedicò una canzone), e il medico ubriacone, che ruba il campionario al rappresentante di alcolici, e il giocatore d’azzardo, che protegge la giovane donna, per giunta incinta. Ovviamente arrivano gli indiani, e poi arrivano i nostri, e il film si conclude con la sparatoria in cui Ringo uccide i cattivi che lo avevano incastrato, il banchiere viene arrestato, e il fuorilegge e la prostituta coronano il loro sogno d’amore. Un’invettiva contro il perbenismo, per me. Per quel che ne so, John Ford per la prima volta muove la macchina da presa assieme alla diligenza: alcune scene sono girate da lontano, e la diligenza attraversa il campo. Ma in altre siamo lì anche noi, a fianco della diligenza, o mischiati nella banda di indiani. Non smetterei mai di guardarlo, assieme a Sentieri Selvaggi.

Questa voce è stata pubblicata in Cinema, Manco p’a capa di Ferdinando Boero e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *