di Antonio Errico
Carlo Rovelli è un fisico teorico. Ha lavorato nelle Università di Roma, di Pittsburgh, per il Centro di Fisica teorica dell’Università del Mediterraneo di Marsiglia. I suoi libri di divulgazione li ho letti tutti ma quello che mi ha appassionato di più è L’ordine del tempo: il saggio in cui si scopre che uno scienziato qualche volta si lascia sorprendere da pensieri comuni e dica, per esempio, che come funziona il tempo ancora non lo sappiamo veramente, che la sua natura resta il mistero più grande, che strani fili lo legano ad altri misteri irrisolti: la natura della mente, l’origine dell’universo, il destino dei buchi neri, il funzionamento della vita. Forse non c’è un solo istante in cui non ci accada di pensare al tempo che abbiamo attraversato, che attraversiamo, a quello che speriamo di attraversare; ci accade così, spesso senza nemmeno un’occasione consapevole; ci accade perché in fondo siamo un impasto di tempo, perché con esso ci confrontiamo, perché ad esso dobbiamo dare conto di quello che facciamo o non facciamo, di quello che siamo, che non siamo, che vorremmo essere, oppure non essere.
A volte accade che si pensi al tempo con intenzione, con riflessione; per esempio quando ci si ritrova sul confine fra un anno ed un altro e si tenta di mettere ordine nella inevitabile confusione dei pensieri, delle azioni, dei progetti, dei propositi, delle ipotesi di futuro.