Inchiostri 88. Uno specchio per Christian Boltanski

di Antonio Devicienti

(Nota: questi due testi sono stati costruiti in maniera speculare; in entrambi si fa riferimento a diverse opere di Christian Boltanski).

1.

D’ora in poi guarderò ogni camicia smessa, ogni giacca dal bavero logoro, ogni scarpa deformata dal passo come fossero state tue, tutte indossate mentre curvavi gli steli di metallo per appendervi le campanelline-animitas, mentre preparavi quei tuoi lunghissimi nastri di foto, mentre immaginavi i volti delle persone sottratte alle loro case verso la deportazione.

Sbiadendo il ricordo nel tempo diventa traccia o vago indizio, s’inabissa nel mai-stato. Per questo hai fissato trombe del vento in riva al mare, raccolto su di un’isola i battiti del cuore, accomunato gli umani nella fraternità di uno stesso sentire: venire ad ascoltare cuori pulsare, lasciarvi indizi del proprio. Per questo hai acceso luci pulsanti, specchi neri, aperto passaggi di silenzio, immaginato il canto delle balene.

Non nell’illusione di fermare il tempo, perpetuare il ricordo: hai amato così tanto la vita che sapevi ch’è vita anche il trascorrere, lo svanire, il consumarsi – distanza in inesausto andare.

2.

L’arte della distanza t’apparteneva e anche quella del congedo, dell’assenza: l’inesausto andare del consumarsi, dello svanire, del trascorrere era (è) vita. Immersi nel tempo lo percepiamo vento, posizionarsi e trasmigrare di stelle, accendersi e spegnersi di luci pulsanti su specchi neri. E cantano le balene fin dall’inizio del tempo.

Un’isola ricolma di scatole sonore (ritmi cardiaci di fratelli in umanità) è dono, rinnovato dono di risacca e in finibus terrae il vento attraversa grandi trombe di leggenda.

Contro il vetro d’una finestra è rimasto soltanto il riflesso di una vecchia menorah: e del suono d’una campanellina-animita: molte foto, davvero molte, ma la domanda tocca i nomi (come si chiamavano, dove abitavano, che cosa facevano) e torna indietro priva di risposta.

Questa camicia un po’ scolorita, questa scarpa e il suo tacco scheggiato, questa giacca da muratore erano le pagine del tuo pensare, gli sprofondamenti della memoria.

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