di Paolo Vincenti
Col termine millenarismo si intendono genericamente quelle paure ancestrali che attanagliano l’umanità in corrispondenza di qualche preannunciato evento naturale catastrofico, di qualche data significativa o simbolica come per esempio il passaggio da un secolo all’altro o da un millennio all’altro. È ciò che successe all’umanità intorno all’anno Mille dopo Cristo e quello che accadde ancora intorno al Duemila. Quando si avvicina la fine di un evo, è facile che l’umanità venga condizionata da certi timori e risulti più sensibile ad oscure profezie. Le più gettonate, nel giro di boa del 2000, sono state quelle di Nostradamus. Ma torniamo al 1000, anzi andiamo ancora più indietro nel tempo. A partire già dal III secolo d. C. fino al X, la paura della fine del mondo si impossessò dell’umanità travagliata da ogni tipo di problema, politico, economico, religioso, in quei secoli, non a caso definiti “bui”, dell’Alto Medioevo. Ciò è più vero per i cristiani. Essi facevano riferimento all’Apocalisse di Giovanni; nel capitolo dedicato al sesto sigillo, dice:
E vidi, quando l’Agnello aprì il sesto sigillo, e vi fu un gran terremoto. Il sole si fece nero come un sacco di crine, e la luna si fece tutta sangue, e le stelle caddero dal cielo sopra la terra, come un albero di fichi, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i frutti non ancora maturi. Il cielo si ritirò come un rotolo che si avvolge e ogni monte e le isole si mossero dai loro luoghi. E i re della terra e i principi, i comandanti, i ricchi e i potenti e ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero nelle spelonche e nelle rupi dei monti; e dicevano ai morti e alle rupi: Cadete sopra noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sopra il trono e dall’ira dell’Agnello, poiché è venuto il grande giorno dell’ira, e chi può resistervi?”[1].