di Ferdinando Boero
Ho presieduto, per dodici anni, due comitati della CIESM (la Commissione per il Mediterraneo) e ho promosso, assieme al suo direttore generale e ad altri colleghi presidenti, la diplomazia scientifica per intensificare i rapporti tra gli stati mediterranei. Siamo andati in missione in Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Israele, Cipro e Turchia. Mi colpirono le donne: forti, determinate, decise a giocare un ruolo per la rinascita dei loro paesi.
La prima volta in un paese arabo mi sorpresi quando, passeggiando da solo in una casba, di notte, vidi i numeri sulle porte delle case: almeno i numeri sono i nostri, pensai. Già, i nostri… Mi prendevano in giro, i miei colleghi, per la mia passione per le cose arabe, dai tappeti all’artigianato. Una cultura a cui dobbiamo molto, senza mai riconoscerlo pienamente.
Una lunga premessa per cercare di dimostrare che ho esperienza diretta di quel che succede nell’Africa e nell’Asia mediterranea, attraverso contatti con le università e anche incontri con diversi ministri. Questa politica ebbe un successo temporaneo: ricercatori arabi e israeliani pubblicarono assieme e assieme parteciparono a progetti. La primavera araba riaccese le speranze, ma presto si schiantarono contro una barriera quasi insormontabile: la religione. Una collega araba mi disse di essere stata minacciata dai salafiti: non pubblicare più con gli israeliani. Queste minacce possono risolversi in condanne a morte.