Di mestiere faccio il linguista 22. L’«analfabetismo di ritorno»

di Rosario Coluccia

Il censimento Istat 2021 sui residenti e sulla dinamica demografica della popolazione italiana si occupa, tra l’altro, anche del livello d’istruzione complessivo del nostro paese. Rispetto al precedente censimento 2011, negli ultimi 10 anni diminuiscono le persone che non hanno concluso un corso regolare di studi o posseggono al massimo la licenza di scuola elementare (sanno leggere e scrivere, ma non hanno elevati livelli di padronanza effettiva della lingua scritta); diminuiscono anche gli analfabeti totali, che si dimezzano passando dall’1,1 per cento del 2011 allo 0,5 per cento del 2021. Tra coloro che hanno conseguito un titolo di studio, il 36,3 per cento è in possesso del diploma di scuola superiore (oltre 5 punti percentuali in più rispetto al 2011); aumentano anche i laureati (dall’11,2 per cento si passa al 15,0 per cento) e i dottori di ricerca (dallo 0,3 per cento allo 0,5 per cento). La distribuzione dell’istruzione sul territorio nazionale non è omogenea, anche su questo versante registriamo il consueto divario tra le diverse aree del territorio italiano. I laureati sono il 17,2 per cento al Centro, il 15,3 per cento al Nord-ovest, il 14,9 per cento al Nord-est, il 13,8 per cento nel Meridione e il 13 per cento nelle Isole. In genere le quote più elevate di italiani con basso titolo di studio si addensano al Sud. Ma, nel complesso, più luci che ombre rispetto al passato, sembrerebbe. Tuttavia la realtà della popolazione italiana, esaminata in controluce, presenta aspetti che vanno approfonditi.

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