di Antonio Errico
Tra qualche giorno Sergio Rubini comincerà a girare una serie tv su Giacomo Leopardi.
Qualche anno fa Mario Martone aveva realizzato “Il giovane favoloso”, con uno straordinario Elio Germano che riusciva a rendere in maniera superba la sofferenza, il progressivo ingobbirsi, il rovello della mente di Leopardi, la sua disperazione e la sua tenerezza, la sua fragilità, l’implacabilità del suo pensiero, la sua ansia lucidissima. La tristezza dei suoi amori. Le sue rabbie contratte. L’uomo accartocciato in una giacca verde che si trascina per i vichi di Napoli aggrappato ad un bastone, mentre silenzioso serpeggia il colera.
Tra il film di Martone e la serie di Rubini, s’inserisce il disco di Roberto Vecchioni che s’intitola ”L’Infinito”. Vecchioni penetra nell’ultimo tempo di Leopardi con un carico enorme di emozione e di commozione, e si mette a svelarne i sogni, la stanchezza del dolore, il desiderio oppure soltanto l’ansia di vivere ancora.