di Giulia Vantaggiato
Negli ultimi anni si è assistito a un processo di rivalutazione della figura e dell’opera di Vittorio Bodini, grazie soprattutto all’impegno profuso da Antonio Lucio Giannone, che con la collana «Bodiniana», da lui curata per le edizioni Besa, ha contribuito a diffondere notevolmente la sua opera tra gli studiosi e i lettori comuni. Nella collana, che è arrivata a undici titoli, sono apparse finora raccolte di prose disperse, edizioni commentate dei libri di poesia, ma non mancano nemmeno carteggi con alcuni scrittori (Luciano Erba, Leonardo Sciascia e Vittorio Sereni) e gli Atti del Convegno Internazionale di Studi svoltosi nel 2014.
Con «Allargare il gioco». Scritti critici (1941-1970) si aggiunge un altro tassello alla ricostruzione della fisionomia di Bodini, offrendo uno sguardo sul lavoro del saggista: l’Introduzione di Giannone, curatore del volume, guida il lettore a una comprensione puntuale dei singoli contributi, collocandoli nel loro contesto storico-culturale e seguendo le varie fasi dell’attività bodiniana. Il volume contiene ventisei scritti, composti tra il 1941e il 1970, anno della morte dello scrittore, sebbene – come sottolinea il curatore– la maggior parte di essi sia riconducibile agli anni 1941-1953, ovvero al periodo compreso tra il rientro a Lecce dopo il soggiorno fiorentino e l’anno che precede la fondazione della rivista «L’esperienza poetica». Si tratta, come si evince dalla Nota al testo, di «articoli dedicati a scrittori italiani e stranieri, recensioni, riflessioni sulla letteratura, interventi di carattere “militante”, veri e propri saggi», mentre vengono esclusi gli scritti marginali e occasionali, quelli pubblicati sulla rivista già citata e gli studi ispanici.
La citazione che il curatore ha scelto per il titolo del volume è contenuta in una delle prose raccolte, Invito alla retorica (con una nota sul gioco d’azzardo): Bodini mutua dal gioco d’azzardo l’espressione «allargare il gioco» applicandola alla letteratura, nel senso di «includervi tutte le impurità, tutte le retoriche: e vedere poi se si è capaci di bruciarle» (p. 81). E sembra una scelta particolarmente felice, perché rende bene l’idea che attraversa l’intero volume, da cui emerge la figura di un intellettuale in continua ricerca, che non si accontenta delle mezze misure, ma che richiede alla letteratura e ai letterati un impegno etico oltre che estetico, una spinta tensiva verso il reale, che sia pronta anche a «sporcarsi le mani» (p. 14).