di Antonio Stanca
Siamo tredici Maestri d’Arte, nati e/o residenti a Galatina, formatisi in vari istituti d’arte salentini e qualcuno anche nell’Accademia di Belle Arti, ora tutti in pensione dopo aver dedicato buona parte della vita all’attività d’insegnamento delle discipline artistiche negli istituti d’arte o dell’educazione artistica nelle scuole medie o del disegno e storia dell’arte e del costume negli istituti superiori. L’impegno quotidiano nell’attività didattica non ci ha tuttavia impedito di coltivare nel chiuso dei nostri laboratori la passione per la ricerca artistica e di poter realizzare lavori di pittura, di scultura, di grafica, di fotografia, d’incisione, d’intarsio, alcuni rientranti stilisticamente nella tradizione figurativa, altri aperti alle avanguardie, ma comunque arricchiti dalla sperimentazione personale di nuovi materiali e dall’abilità tecnico-espressiva via via acquisita e consolidata.
La maggior parte di noi ha già fatto conoscere al pubblico le proprie creazioni, attraverso numerose mostre collettive e personali, altri, invece, hanno preferito dedicarsi in solitario alla propria ricerca: tutti, però, in questa occasione abbiamo aderito con entusiasmo all’iniziativa.
Già da molti anni, incontrandoci esprimevamo la nostra amarezza nel constatare che nelle raccolte del nostro Museo Civico risultassero e risultino ancora oggi quasi del tutto assenti le opere prodotte da artisti locali dalla seconda metà del Novecento sino ai giorni nostri. Le collezioni, infatti, si fermano alle opere di Gaetano Martinez e non comprendono quelle successive, riguardanti artisti galatinesi, ormai deceduti, quali, ad esempio, Umberto Palamà, Luigi Mariano, Andrea Lia, Mario Marra, Carmelo Faraone, Antonio Lazari ed altri. Abbiamo nel passato e anche all’inizio di quest’anno segnalato alle autorità competenti, anche in forma scritta, questa grossa lacuna ma dalle loro risposte non sono emersi propositi incoraggianti: pur esprimendo la loro solidarietà subordinavano il tutto ad un futuro riordino del percorso espositivo museale e all’eventuale reperibilità di un’apposita sala. Eravamo e siamo consapevoli che anche noi, ancora viventi e approdati alla soglia degli Ottanta subiremo la stessa sorte. La speranza che almeno una nostra opera, dopo il giudizio positivo espresso da un’apposita commissione, potesse un giorno essere accolta ed esposta in modo permanente nel Museo Cavoti, ci appariva e ci appare tuttora sempre più fioca.