di Antonio Lucio Giannone
[Ripubblichiamo questo saggio che figura nel nostro volume Scrittori del Reame. Ricognizioni meridionali tra Otto e Novecento (Lecce, Pensa Multimedia, 1999), in occasione del centenario della nascita di Aldo De Jaco (Maglie, 23 gennaio 1923 – Roma, 13 novembre 2003). Esso deriva da una conferenza tenuta a Maglie il 21 settembre 1995 con la presenza dello scrittore e giornalista salentino (A.L.G.)]
Non è facile tracciare, in poche pagine, un profilo di Aldo De Jaco, sia per l’ampiezza, sia per la varietà della sua produzione. È sufficiente, infatti, dare uno sguardo alla bibliografia dello scrittore per accorgersi che egli, in cinquant’anni di intensa attività, ha pubblicato numerosi volumi di narrativa (romanzi, racconti), di prosa (reportages, cronache, inchieste), di poesia, di teatro, di storia, ha composto sceneggiature cinematografiche e testi per trasmissioni radiofoniche. A tutto questo bisogna aggiungere, inoltre, per avere un’idea completa della sua operosità, il lavoro di giornalista, di inviato speciale, di sindacalista (dal 1969 è segretario generale del Sindacato nazionale scrittori) e, in un periodo della sua vita, anche la militanza politica. Qui perciò mi occuperò soprattutto dell’opera specificamente letteraria di De Jaco, sia narrativa che poetica, ripercorrendone i momenti principali.
Cominciamo allora con alcuni dati biografici. Nato a Maglie, in provincia di Lecce, nel 1923, De Jaco ha trascorso l’infanzia fra Lecce, Taranto, Palermo e Milano al seguito del padre ferroviere. Dopo aver frequentato il liceo scientifico, si iscrive alla facoltà di Architettura presso l’Università di Napoli e a questo periodo risalgono le sue prime prove poetiche. Durante gli anni della guerra supera la giovanile esperienza fascista attraverso la lettura di testi (Croce, Labriola, ecc.) che servono a formarlo profondamente. Dopo un breve ritorno a Maglie nell’estate del ’43, a Napoli si iscrive al P.C.I. e diventa un “rivoluzionario professionale”, un “agit prop”, come si definisce lui stesso nel libro autobiografico Vocazione agit-prop (Venezia-Padova, Marsilio, 1978), con tutte le conseguenze che una simile scelta poteva avere, in quegli anni, sul piano dei rapporti familiari e sociali. Nel ’46 abbandona la facoltà di Architettura e si dedica, a tempo pieno, all’impegno politico e all’attività letteraria.