In un saggio di Salvatore Coppola la vicenda umana e politica di Renato Leopizzi

di Gigi Montonato

Di Renato Leopizzi di Parabita, nato nel 1905 e morto a Lecce nel 1974, si sta finalmente parlando in tutta la complessità del caso, dopo le scarse eppur meritorie prove negli anni passati di far uscire il personaggio dall’ingiusto oblio (D’Antico, Bambi).

Il più recente e organico lavoro, frutto di ricerche archivistiche, è di Salvatore Coppola, Sogno di libertà. Il percorso umano, culturale e politico dell’antifascista Renato Leopizzi (Castiglione, Giorgiani, 2023, pp. 160), che oltre al profilo biografico contiene una nutrita appendice di materiali documentario-letterari. Da questo materiale, reperito da Coppola nell’Archivio Centrale dello Stato a Roma e nell’Archivio di Stato di Lecce, che non è che una parte di quanto prodotto e lasciato da Leopizzi, emerge la complessa figura di un giovane, a cui le vicende della vita impedirono di dare alla società il frutto della sua maturazione.

Si tratta di scritti risalienti agli anni 1920-1927, quando l’autore aveva un’età compresa tra i 15 e i 22 anni. Essi rivelano un giovane talentuoso, perbene ed educato, con una spiccata propensione per le lettere e per la politica, una personalità sognatrice con punte di autentica esaltazione. I motivi ispiratori della sua opera si esprimono in un forte pessimismo, intriso di evidenti richiami scolastici, in special modo leopardiani e foscoliani per la poesia, mazziniani per la politica. Solitudine e senso di incomprensione, nostalgia e affetti perduti, antifascismo e messianismo sono le costanti del giovane Leopizzi, romantico e idealista, arrabbiato per le ingiustizie sociali e convinto assertore di una rivoluzione, in linea con quella cultura tardoromantica e radicale che ancora agli inizi del Novecento faceva sentire la sua attrazione attraverso il Carducci e il Cavallotti.

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