Di mestiere faccio il linguista 12. Lingua e dialetti (l’esempio del Napoletano)

di Rosario Coluccia

«Il mio non è un dialetto, è una lingua». Sentiamo spesso affermazioni di questo tipo attribuite, a seconda dei casi, al siciliano, al napoletano, al romanesco, al veneto, ecc., fino a dichiarazioni che si spingono a etichettare come lingua la varietà parlata in una singola località, magari non particolarmente illustre né popolosa. Chi pronunzia simili frasi è forse animato da buone intenzioni, rivendica la propria identità; ma lo fa con argomenti sbagliati, perché lingua e dialetto (italiano e dialetti) sono entità diverse, che peraltro nella nostra società coesistono armoniosamente. Il termine dialetto non ha un valore negativo, i dialetti sono preziosi, rappresentano la storia, vivono nel presente e si proiettano verso il futuro, per questo devono essere salvaguardati e amati.

Una domanda che molti si fanno riguarda la sorte dei dialetti italiani. Previsioni non sono possibili, come sempre quando si tratta di fatti di lingua, nei quali sono fondamentali le scelte degli uomini che le parlano. Ridotti al minimo, si possono ipotizzare tre scenari: a) i dialetti si mantengono in vita, anche nella lunga durata; b) i dialetti si trasformano radicalmente, perdendo molte caratteristiche specifiche e diventando varietà regionali di italiano, più o meno marcate; c) i dialetti muoiono, nessuno più parla dialetto. I fatti degli ultimi decenni sembrano smentire la terza e più catastrofica previsione: i dialetti non stanno morendo, pur se sono sottoposti a cambiamenti ed evoluzione, come succede a tutti gli organismi viventi. Risorgenze dialettali (che osserviamo con favore) si manifestano negli ambiti più vari, il dialetto non è usato solo nella comunicazione in famiglia e con gli amici. Nei fumetti, nelle insegne di negozi, bar e ristoranti, in radio e televisione, nella pubblicità, nelle canzoni, nel web, il dialetto risuona ampiamente, non è un reperto fossile e da museo, è vivo, rende la comunicazione espressiva e attraente, esprime valori simbolici e ideologici a cui non vogliamo rinunziare.   

Questa voce è stata pubblicata in Di mestiere faccio il linguista (sesta serie) di Rosario Coluccia, Linguistica e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *