di Antonio Errico
Forse un sibilo. Forse un sussurro. Forse un affanno. Forse un sospiro. Forse vibrazioni dello spazio- tempo, rappresentazioni dell’infigurabile, dell’inimmaginabile. Dell’eterno. Forse soltanto un brusio nel silenzio: un ronzio di sottofondo generato dalle onde gravitazionali, che si propaga, dicono gli scienziati che lo hanno registrato.
Talvolta le cose che esercitano su di noi un fascino più forte, sono quelle che non conosciamo, quelle che appartengono a territori che frequentiamo raramente oppure mai e che di conseguenza si propongono con l’incanto del mistero, con la lusinga dell’incognita.
Così l’uomo che non sa di scienza avverte un senso di stupore, forse anche di sbalordimento quando si trova a confrontarsi con una scoperta che per lui assume quasi una connotazione fiabesca. Perché, a pensarci, che altro può essere, per l’uomo che non sa di scienza, la rivelazione della voce dell’universo, se non il passaggio di una fiaba che Einstein aveva cominciato a raccontare un secolo fa, se non un’epifania dello straordinario, del meraviglioso, dell’indicibile.