La parola antagonista dell’avanguardia: Lucini e i futuristi (Parte prima)

di Antonio Lucio Giannone

Nel corso del Novecento, anche la poesia, sia pure in misura minore rispetto alla narrativa, è riuscita a offrire una visione alternativa della storia e della società italiana, svolgendo spesso una funzione di critica del potere e di denuncia sociale. Si tratta di una linea sicuramente minoritaria rispetto alla poesia che poi si è affermata nel nostro paese (come la lirica, la poesia “pura”, ecc.) e, finora almeno, piuttosto trascurata dalla critica, ma non per questo meno meritevole di essere presa in considerazione. In particolare, in questo intervento, la nostra attenzione sarà rivolta al primo Novecento e, in special modo, all’area dell’avanguardia italiana di quel periodo, che riserva ancora non poche sorprese se esaminata in maniera opportuna.

Preliminarmente c’è da dire però che questa poesia non nasce nei primi anni del secolo ventesimo ma si ricollega a tutto un filone di protesta civile e sociale in versi che si sviluppa in Italia a partire soprattutto dall’Unità. Su questo argomento sono uscite negli ultimi decenni ben tre antologie, che però si fermano tutte alle soglie del Novecento, prima cioè del periodo preso da noi in esame[1]. Più recentemente, nel 2018, è apparso un volume che allarga lo sguardo anche alla prosa e si sposta più avanti negli anni[2]. Nessuno di questi volumi però affronta in maniera specifica l’avanguardia primonovecentesca e il futurismo che, come s’è detto, costituiscono l’oggetto della nostra relazione.

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