Su “I segreti di Oppido Tralignano” di Paolo Vincenti

di Lorenzo De Donno

La prima cosa che ho pensato, approcciandomi al nuovo libro del vulcanico Paolo Vincenti, è che avrei bruciato quelle poche pagine in un lampo, allettato da un primo capitolo esilarante che nulla lasciava presagire su come si sarebbe dipanata la storia. Nulla di più sbagliato…

Come al solito non parlerò della trama, né dei personaggi. Quella è materia da far scoprire al lettore. Oppido Tralignano è un paese del Sud, non necessariamente salentino, ma potrebbe essere Avetrana, perché entrambi meta di un turismo dell’orrore, non quella reale ma quella che ognuno immagina che sia: un luogo dove il tempo sembra ripetersi e le persone sono oppresse dal panorama, dal caldo umido e dalle loro miserie. Le cose, nel romanzo del “nostro”, sembrano accadere in modo drammatico e inesorabile, come a seguire un destino già scritto per ogni personaggio. In un giallo, in questo caso un horror, che si rispetti tutto accade, molto spesso, in un piccolo paese fuori dal mondo, fa parte della scrittura del genere. Nessuno si meraviglia, leggendo Montalbano, che a Vigata accadano fatti e delitti efferati a ripetizione. Anche a Oppido accadono delle morti violente e inspiegabili ma non c’è un personaggio (che si possa individuare nel libro) che si incarichi di indagare, nessun eroe positivo, solo fugaci apparizioni di benefattori. Si tratta di fenomeni di licantropia e vampirismo. Ecco che la lettura richiede un cambio di registro mentale. Il soprannaturale scombina le carte, anche quelle che già ci piacevano, e rende possibile quello che un attimo prima sembrava irrazionale. La Puglia e il Salento ritornano candidate, allora, come set ideale del romanzo, giacché la storia dei lupi mannari, per quanto ora ci appaia come desueta, considerato che preferiamo raccontare solo di laurieddhi dispettosi e di striare malefiche, ha da noi radici antiche e leggendarie, rivenienti dal mito della vicina Grecia.

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