di Evgenij Permjak
Nel paese il cui nome svanì nel tempo, visse uno straordinario maestro-cesellatore di vasi prodigiosi. Il prodigio era determinato dal fatto che, se il maestro, cesellando, aveva un buon umore gioioso, il vaso, a chiunque vi posasse lo sguardo, conferiva allegria e gioia. E viceversa, quando il maestro era malinconico, la sua creazione generava tristezza e meditazione. Il maestro-cesellatore rese celebre il suo paese con tantissimi vasi prodigiosi, che suscitavano nelle persone sensazioni e sentimenti i più svariati: gioia, tristezza, risata, pentimento, intrepidezza, afflizione, riconciliazione, perdono… Tuttavia tra le centinaia di opere meravigliose non ne aveva creato una, la più prodigiosa, il vaso d’Amore. In quanto l’amore non era ancora fiorito nell’animo del giovane cesellatore, anche se una voce, precedendo gli eventi, aveva già profetato ed indicava una fanciulla…
Ma non ci metteremo ad imitare quella voce, cercando di prevedere l’imponderabile. Ammettendo pure che, al pari del vento, la voce sia forte, determinata e inesorabile: le vele della vita, tuttavia, come peraltro della favola, sono spesso dominate da altre forze.
Nello stesso paese viveva un vasaio che non si distingueva per la maestria fra gli altri mastri-artigiani del vasellame d’argilla; aveva, però, una figlia talmente bella che la sua bellezza era riconosciuta perfino dalle stelle del cielo.
Gli occhi della stupenda figlia del vasaio erano di un blu più blu del cielo e del mare. Il candore dei suoi denti non si poteva paragonare al candore delle perle, in quanto le perle erano soltanto un’imitazione dei denti della fanciulla stupenda. E, come è risaputo, l’imitazione mai può superare l’originale!
Una finissima fibra di seta sembrava tondino di ferro al confronto dei capelli d’oro-solare della bellissima fanciulla. Le serpi si agghiacciavano dall’invidia, scorgendo la grazia dei suoi gesti e movimenti. Un ruscello, che mormorava dolcemente i suoi argentei versi, si zittiva, non appena sentiva l’incantevole melodia della sua voce. Pudicamente smettevano di profumare le rose, se lei si chinava per odorarle, in quanto il suo alito riempiva l’aria di fragranze che non conosceva alcuna pianta, perché lei e nessun’altra era il più bel fiore della Terra. Del resto, persino questo paragone, come tutti gli altri che erano attribuiti alla meravigliosa fanciulla, non rispecchiava e neppure valeva una sola delle centinaia di sfaccettature del vaso “Dichiarazione d’Amore”, con cui il giovane cesellatore aveva esaltato la bellezza della figlia del vasaio.
Questa dichiarazione d’amore era tanto nobile e così ardente che chiunque, ammirando il vaso, andava in visibilio per costei, la cui beltà era glorificata nella raffinatezza, sinora mai vista, del cesello e dello sbalzo di questa magnifica, autentica opera d’arte.
Allorquando la bellissima figlia del vasaio contemplava il vaso “Dichiarazione d’Amore”, nel cuor suo si accendeva una dolcissima fiamma azzurra, cosicché la fanciulla, illuminandosi dall’interno, si faceva ancora più bella.
Un giorno lei sorrise al cesellatore col suo primo sorriso di giovanissima donna. Solare. Felice. Pudico. Stupendo come un’aurora di primavera… Ma a che serve paragonare l’incomparabile!
Questo primo sorriso rimase impresso per sempre nel cuore del maestro-cesellatore, facendo diventare il suo cuore ancora più ardente e buono.
Davanti al vaso “Dichiarazione d’Amore” si raccoglievano le folle. Per ammirarlo arrivava gente da molte città e paesi del mondo. Si trattava di maestri e insegnanti, agricoltori, cacciatori, mercanti, appassionati e intenditori d’arte, estimatori delle rarità, curiosi e semplicemente sfaccendati, ma tra loro venivano pure per vedere il vaso i sovrani-padroni di immensi paesi, di tesori inestimabili e di infinite ricchezze. Tanto subivano il fascino e l’incantesimo del vaso “Dichiarazione d’Amore” e tanto più si entusiasmavano e si infiammavano d’amore i loro cuori.
Al maestro-cesellatore di vasi prodigiosi non passò mai per la mente che tra loro sarebbero potuti capitare taluni, il cui potere e la cui ricchezza sarebbero potuti essere la causa della rovina dei suoi sublimi sentimenti.
È chiaro che il suo animo nobile non poteva neppure supporre l’esistenza di certe cose, anche se i vecchi del paese, che durante la loro lunga vita avevano visto di tutto, consigliavano al giovane cesellatore di disfarsi del vaso “Dichiarazione d’Amore”, di schiacciarlo con un martello, per spegnere con questo gesto l’ardore d’amore nei cuori sleali e perfidi. I vecchi temevano molto che gli onori, l’attenzione, le ricchezze e ogni tipo di lusinghe, di cui veniva circondata la bellissima figlia del vasaio, potessero separare per sempre il cesellatore dalla sua amata. I vecchi e tutti gli altri abitanti di questo paese sapevano bene, come a volte le ragazze dimenticano il loro primo sorriso.
Nella situazione creatasi c’erano molti, moltissimi signori-padroni, sovrani-monarchi, che si facevano in quattro per ottenere la benevolenza e l’attenzione della meravigliosa figlia del vasaio.
Per far ciò, davano conviti mai visti… Cospargevano il cammino della bellissima fanciulla di pietre preziose e diamanti… Cercavano d’accecarla, mostrandole i loro palazzi in tutta la grandiosità e lo sfarzo… Allettavano la figlia del vasaio con la magnificenza di ambienti e sale, i soli che sarebbero stati degni di accoglierla e ospitarla… Insidiavano una semplice, modesta fanciulla del popolo con le lusinghe e le promesse di corone e troni.
Alla bellezza si presentò la scelta fra essere la zarina delle sterminate steppe, la principessa regnante delle montagne… oppure diventare la grande sovrana dei mari…
In questo piccolo paese, il cui nome svanì nel tempo, in quei giorni succedevano cose inaudite. Gli abitanti non dormivano quasi e quelli che riuscivano a prendere sonno, si svegliavano subito oppressi da incubi. Incubi, nei quali la gente apprendeva che la figlia del vasaio dava il suo consenso a diventare la sposa di qualcun altro e non dello stimato maestro-cesellatore benvoluto da tutti, la cui vita era segnata dall’appartenenza totale al popolo, al suo servizio nella creazione dei suoi prodigiosi vasi che riscaldavano cuori umani, stimolavano l’amicizia, decantavano il lavoro dello scultore e dello scienziato, del minatore e del maestro liutaio… Ma, come sarebbero stati i vasi prodigiosi del maestro-cesellatore, se la fanciulla del suo cuore avesse sorriso ad un altro?
«Saranno vasi di lacrime» – dicevano alcuni, – «e il popolo piangerà a dirotto.»
«Saranno vasi di disperazione» – dicevano gli altri, – «e il popolo cadrà nello sconforto.»
Un giorno, durante un fantastico solenne festeggiamento, quando il mare luccicava con tutti i suoi colori, quando un branco di delfini faceva la danza d’amore, accompagnato dalla melodia del vento e dalla musica di sottofondo dello sciabordio piano delle onde, la bellissima fanciulla non resistette alla tentazione e consegnò al Sovrano dei mari un ramo di palma come assenso. Accettò di diventare la sua sposa.
In quel preciso istante un fulmine squarciò il cielo. Un tuono stordì tutti gli esseri viventi. Le acque dei mari uscirono dagli argini. Una vorticosa tromba marina avvolse la bellezza con la sua danza, la sollevò sulla cima della colonna gigantesca d’acqua e la portò via.
Tutta la notte la trionfale musica delle onde dell’uragano celebrò l’attesissimo assenso. Ogni ricchezza dei mari fu gettata ai piedi della fanciulla stupenda. E, venerandola, ogni forma vivente dei mari si mise al suo servizio. Nel turchese palazzo acquatico avvenne la solenne incoronazione della Sovrana dei mari.
Sulla terraferma tutti attendevano l’apparizione di un vaso orrendo. Un vaso di Dolore. Un vaso di Disperazione… Di Perfidia… Di Tradimento… e, perfino, un vaso di Morte. Le donne del paese si preparavano a vestirsi a lutto e gli uomini a mettersi sul braccio un nero bracciale. Le nubi nere stavano già cercando di coprire per sempre il cielo. I fiori decisero, per protesta, di non sbocciare più, chiudendo per sempre i loro petali. Gli uccelli non cantare mai più. Ma…
Ma questo non accadde.
La mattina dell’indomani sorse il sole. Luminoso. Dorato. Buono. Si illuminarono boschi e foreste, campi e prati, montagne e mari. Le piante diedero una fioritura mai vista come in quel giorno, abbondante e rigogliosa. Un coro di uccelli cantò a migliaia di voci. La gente si vestì con gli abiti più belli e suonarono per conto loro tutte le arpe e le trombe.
Tutti gli esseri viventi si raccolsero sulla piazza centrale del paese. E in piazza…
E in piazza sorgeva un nuovo magnifico vaso prodigioso, che sorrideva con il primo sorriso di giovanissima donna della bellissima figlia del vasaio. A questo punto, tutti i presenti in piazza – persone, piante, uccelli, animali, pesci e persino sassi e pietre – diedero un nome al vaso nuovo, chiamandolo “Primo sorriso”.
L’estasi e l’entusiasmo generale non ebbero fine. Furono illimitati l’esultanza e il giubilo. La forza dello splendore del primo sorriso ebbe un potere talmente magico, che le bestie feroci divennero meno aggressive delle inoffensive tartarughe, adagiandosi nei pressi del piedestallo del vaso “Primo sorriso”. Velenosissimi serpenti giganteschi strisciarono davanti al vaso come innocui bruchi. Pesci e mostri marini, uscendo dall’ambiente loro naturale, perirono, soffocandosi sulla riva, perché non ebbero le forze per staccare lo sguardo dal primo sorriso della bellissima figlia del vasaio, con il quale ora a tutto il mondo intero sorrideva il nuovo vaso prodigioso del maestro-cesellatore.
Sorridevano tutti. Sorrideva ogni essere vivente. Non sorrideva soltanto…
Non sorrideva soltanto il Gran Sovrano dei mari. Possedendo tesori inestimabili e ricchezze infinite, si sentiva più povero dell’ultima medusa. La sua sposa era la più meravigliosa donna delle donne più meravigliose della terra. Meravigliosa dalle unghie di corallo alle punte estreme dei suoi lunghissimi capelli d’oro. A lui, al suo sposo, apparteneva la sua melodiosa voce, l’alito fragrante del suo respiro, il blu del blu dei suoi occhi, la curva dolcissima del suo collo degno di un cigno, l’incanto dei suoi movimenti e gesti… Tutto di lei era suo, eccetto il suo primo sorriso. Perché nessuno mai riuscì a sorridere due volte per la prima volta… Così come a nessuno riuscì sulla terra di nascere due volte e due volte morire.
Il Sovrano dei mari avrebbe voluto distruggere il vaso “Primo sorriso”, per farlo scordare da tutti. Ma neppure con ciò sarebbe stato possibile oscurare la memoria della gente, né la propria, per far cadere nell’oblio il primo raggiante sorriso!
Si sarebbe potuto rovesciare il mare, rivoltarne i fondali, ma non si poteva cambiare quel che era già avvenuto.
Il vaso continuò a sorridere. La sua fama attraversò il mondo. Il primo sorriso della bellissima figlia del vasaio prometteva di sopravvivere nei secoli dei secoli, come ammaestramento per i posteri… E accadde proprio così.
Il Sovrano dei mari si emaciò dalla stizza, dall’afflizione e si sciolse nell’abisso dell’angoscia, dove è sempre vivo il primo sorriso…
Non abbandonò il primo sorriso neanche la figlia del vasaio. Fino all’ultimo respiro della sua vita, il suo primo sorriso le rimase nel cuore.
Nessuno sa che cosa sia avvenuto del maestro-cesellatore di vasi prodigiosi. Il paese in cui accadde questo svanì nel tempo. Rimase solo il vaso “Primo sorriso”. Ma anche di quello è rimasta ormai soltanto la favola. La favola che non è soggetta al cambio né dei venti né del tempo.
Primo sorriso rimane per sempre Primo sorriso.
(Traduzione dal russo di Tatiana Bogdanova Rossetti)